Politica

Giorgetti sferza Salvini, nero su bianco le due anime della Lega

“Vuole fare il candidato premier del centrodestra”. Tra i parlamentari vicini a Matteo Salvini, l’analisi delle continue esternazioni di Giancarlo Giorgetti è molto semplice: “O nel 2022 se Draghi sarà eletto al Colle, o dopo le politiche del 2023 se vincerà il centrodestra, ma il suo obiettivo è palazzo Chigi”. Lettura contestata invece da chi al ministro dello Sviluppo è vicino da sempre: “Giorgetti vuole semplicemente far capire a Salvini che deve crescere, pensare a cosa deve essere la Lega in futuro, e abbandonare quei 3 o 4 consiglieri che stanno portando il Carroccio fuori strada”.

Le parole di Giorgetti a Bruno Vespa per l’ultimo libro del giornalista riaprono dunque una ferita dentro la Lega: ancora non si era completamente rimarginato lo strappo dell’intervista a La Stampa di fine settembre, che il ministro lombardo riparte all’attacco della linea salviniana. In mezzo alle due uscite a mezzo stampa, la missione negli Stati Uniti per riaccreditare la fedeltà all’alleanza atlantica dopo le sbandate verso Mosca. A Vespa, Giorgetti spiega che per “istituzionalizzarsi” la Lega deve abbandonare l’alleanza con l’estrema destra di Afd ed entrare nel Ppe, sfruttando il dibattito tra i conservatori tedeschi per riassestare a destra i Popolari. Mentre Salvini deve smettere i panni di Bud Spencer protagonista dei western campioni d’incasso ed “essere attore non protagonista in un film drammatico candidato agli Oscar”.

La linea fin qui tenuta da Salvini, per Giorgetti ha infatti ormai esaurito la sua spinta propulsiva: “Di questo passo perderemo i consensi brevemente avuti al Sud e non riconquisteremo tutti i moderati che al Nord si stanno astenendo”, spiegano i ‘giorgettiani’. Il cahier de doleances dei leghisti della vecchia guardia è lungo: “Si dimette Durigon, e a fare il sottosegretario ci fa il suo vice… Toccava a uno del Nord”. Ancora: “La linea del partito non può essere affidata ai tweet di Borghi che sta sempre col telefonino in mano a scrivere sui social…”. Insomma, con le posizioni contro il Green pass, l’uscita dall’euro, le alleanze internazionali equivoche, la Lega “perde la sua natura di rappresentante dei ceti produttivi del Nord ed è confinata in un recinto che ci sta stretto, soprattutto ora che i moderati di centrodestra hanno difficoltà a trovare interlocutori credibili”. Una linea che – avverte lo stesso Giorgetti – può portare “su un binario morto”.

Che Salvini sia pronto a raccogliere i “suggerimenti” di Giorgetti è ancora tutto da vedere: “Non ha ancora deciso”, dice ancora a Vespa lo stesso ministro. Intanto, alla domanda se voglia portare la Lega nel Ppe, Salvini risponde con fastidio: “Io mi sto occupando di salvare le pensioni e tagliare le tasse. Del resto mi occupo dopo”. E nel merito ribadisce la sua proposta che da due anni è in campo senza concretizzarsi: “Stiamo lavorando per un grande gruppo che metta insieme il centrodestra in Europa. Non è nessun vecchio gruppo”. E i suoi interpretano come ambizione personale l’attivismo di Giorgetti: “Con Draghi al Colle, si sentirebbe ancora più forte”. Ma non per tutti i leghisti la vicenda si deve risolvere per forza con uno scontro tra i due: “Giancarlo ha alcune qualità, Matteo altre. La divisione dei compiti tra governo e partito gioverebbe a tutti”. Il problema è che tra i ‘salviniani’ inizia a serpeggiare la sensazione di accerchiamento: “E’ vero che Giorgetti non vuole fare il segretario. Alla segreteria ci punta Fedriga…”. askanews

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