Giornata mondiale contro l’Aids, il virus si può debellare

“Entro il 2030 l’Aids si può debellare”. E’ questo l’obiettivo e la prospettiva che emerge dalla giornata mondiale contro l’Aids. Il direttore Relazioni Esterne del Global Fund e la portavoce dell’Osservatorio Aids hanno fatto il punto della situazione sulla lotta all’Aids. In occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids alcuni tra i principali attori impegnati nella lotta alle pandemie illustrano gli ottimi progressi raggiunti, le criticità e gli obiettivi futuri. Christoph Benn, direttore per le relazioni esterne del Fondo Globale per la Lotta contro Aids, Tbc e malaria, ha spiegato che “da alcuni anni assistiamo ad una notevole riduzione di morti correlate all’AIDS. Attualmente, il Fondo Globale sostiene 6,3 milioni di persone in trattamento antiretrovirale. Nonostante questi progressi rilevanti, non dobbiamo supporre che il problema sia risolto. HIV e AIDS sono ancora la prima causa di mortalità nell’Africa subsahariana tra gli adulti”. Secondo recenti dati resi noti da Unaids, programma delle Nazioni Unite sull’AIDS, hanno perso la vita a causa del virus 1.5 milioni di persone nel 2013 ed oltre due milioni di individui sono stati contagiati. Occorre considerare che nell’ultimo decennio sono stati fatti enormi progressi, “Circa dodici anni fa il tasso di copertura della terapia antiretrovirale salvavita era del 2%, oggi siamo arrivati quasi al 60%”, ha sottolineato precisare Benn. Ci sono fattori da cui il progresso della lotta all’Aids non può prescindere. Tutti gli attori coinvolti nell’azione contro le pandemie pongono l’accento sulle cosiddette ‘popolazioni chiave’: “Abbiamo imparato che l’AIDS non è distribuita in modo uniforme tra la popolazione mondiale – spiega l’esponente del Global Fund -, quindi c’è la necessità di piani d’azione mirati, volti a raggiungere gli individui che si trovano in aree di alta trasmissione della malattia”. Il diritto di accesso alle cure e alla terapia è altresì da considerare un pilastro della lotta all’HIV/AIDS. Sono i bambini a soffrire maggiormente proprio della mancanza di accesso alla terapia e nel 2013, circa il 60% delle nuove infezioni tra i giovani della fascia d’età 15-24 anni è stato contratto da donne.

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