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Giro di usura gestito da madre boss, ordinanza per quattro

Un’ordinanza cautelare per quattro persone è stata eseguita dalla polizia di Stato di Catania nell’ambito di indagini su un presunto “vorticoso giro di prestiti ad usura, gestito dalla madre di un boss dell’organizzazione Cappello-Bonaccorsi, alla quale le vittime si rivolgevano per ottenere somme di denaro”. Il provvedimento, eseguito dalla squadra mobile della Questura, è stato emesso dal Gip su richiesta della locale Procura Distrettuale ed ipotizza, a vario titolo, il reato di usura e tentata estorsione con l’aggravante dell’appartenenza all’associazione mafiosa e di avere vessato soggetti che versavano in stato di bisogno. I particolari dell’operazione saranno resi noti durante un incontro con i giornalisti che si terrà alle 10.15 nella sala stampa della Procura di Catania. L’ordinanza di custodia in carcere è stata emessa per Concetta Salici, 62 anni, Gaetano Bellia, 34 anni, già detenuto, Giovanni Salici, 52 anni; per Emanuela Valentina Aquilino, 29 anni sono stati disposti gli arresti domiciliari. Sono accusati, a vario titolo, di usura e tentata estorsione, con l’ aggravante di avere commesso il fatto avvalendosi della forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento e di omertà derivanti dall’appartenenza all’associazione mafiosa Cappello-Bonaccorsi e di avere commesso il reato nei confronti di soggetti che erano in stato di bisogno.

Le indagini dell’operazione “Black tie” sono cominciate nell’ottobre del 2015, su delega della Dda di Catania, nei confronti dei fratelli Gaetano ed Attilio Bellia, esponenti del clan mafioso Cappello – Bonaccorsi, entrambi arrestati il 24 novembre 2015 nell’ambito della nota operazione “Revenge 5″. Nell’inchiesta era emerso un giro vorticoso di denaro tra i Bellia e la madre Concetta Salici, e quindi un vasto giro di prestiti ad usura, gestito da Salici, la quale – dicono gli investigatori, avvalendosi del carisma delinquenziale dei figli coordinava l’attività con la collaborazione del figlio, Gaetano, della sua convivente Aquilino e del fratello Giovanni Salici. I soldi prestati dovevano essere restituiti con interessi sino al 30% mensile. Sebbene le intercettazioni abbiano fatto emergere numerosi episodi di usura – dice la Polizia – nella misura cautelare ne sono contestati solamente tre, perché alcune vittime hanno negato la pressione usuraia. Sette presunte vittime sono quindi indagate per favoreggiamento personale. Alla Salici, quale istigatrice, ed al figlio Gaetano, quale esecutore materiale, è contestato una tentativo di estorsione, poiché, in concorso tra loro, per incassare le somme pretese, ”compivano atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere una vittima di usura a versare il danaro richiesto”.

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redazione