Se il governo spagnolo ricorresse alla sospensione delle prerogative del governo regionale catalano per impedire lo svolgimento del referendum sull’indipendenza programmato per il prossimo settembre, la reazione dei catalani sarebbe “molto forte”: lo ha affermato l’ex governatore della Catalogna, Artur Mas (foto), intervistato dall’Agence France Presse. Da ieri sotto processo per il referendum sull’indipendenza di tre anni fa, l’ex leader nazionalista lancia un chiaro avvertimento, prospettando la possibilità di una mobilitazione di piazza “permamente” in Catalogna. “Coloro che valutano la possibilità di un intervento nell’autonomia catalana devono misurare molto bene le loro forze, perché non sanno quale potrà essere la reazione dei catalani: è facile parlare di sospendere l’autonomia, di revocare le competenze istituzionali o di revocare i loro poteri; ma a seconda della forza o dell’aggressività che impiegheranno, la società catalana potrebbe reagire fortemente. Sarà una reazione democratica e pacifica, ma potrebbe essere molto forte” ha avvertito Mas. L’ex governatore peraltro è comparso ieri in aula per rispondere all’accusa di “disobbedienza grave” per aver organizzato nel novembre del 2014 un referendum consultivo sull’indipendenza nonostante il divieto della Corte Costituzionale.
RISCHIO CONDANNA Mas si è addossato tutte le responsabilità, affermando che la sentenza della Corte non specificava quali sarebbero state le conseguenze legali di una disobbedienza: l’ex governatore rischia fino a dieci anni di interdizione dai pubblici uffici, sentenza che peraltro potrebbe scatenare una rappresaglia sotto forma di un anticipo del referendum che il nuovo governo regionale guidato da Carles Puigdemont vuole appunto organizzare nel prossimo settembre. “Per modificare lo status quo, la Catalogna non possiede alcuna arma istituzionale ma ha il potere di mobilitare moltissima gente: al momento cruciale avremo bisogno di una forte mobilitazione, e non certo di un giorno solo, ma permanente, molta gente nelle strade perché l’Europa e il mondo capiscano che non si tratta di un movimento manipolato dai politici catalani, ma un movimento popolare” ha continuato Mas, pur riconoscendo le difficoltà insite nella instabile situazione europea, poco incline a prestare orecchio a delle istanze secessioniste. “Siamo perfettamente consci del fatto che vi sono delle agitazioni un po’ dappertutto, ma è una situazione che ci sarà sempre: si tratta di alterare lo status quo, e ciò troverà sempre qualcuno contrario; se aspettiamo il momento ideale, non lo troveremo mai. Ora abbiamo un paese che è ripartito, abbiamo fatto molti progressi negli ultimi quattro o cinque anni, abbiamo un Parlamento con una maggioranza assoluta a favore di uno Stato catalano, dobbiamo approfittarne. Il nostro non è un movimento populista, è esattamente il contrario: siamo favorevoli al progetto europeo, all’Ue, all’euro, all’accoglienza dei rifugiati”, ha precisato Mas.
IL SONDAGGIO Quanto alle residue possibilità di dialogo con Madrid, Mas non si è detto ottimista: “Vorrei tanto che la parola ‘dialogo’ utilizzata oggi dal governo spagnolo avesse un significato; le aspirazioni della società catalana sono assai chiare: come minimo, metà della popolazione vuole uno Stato catalano; l’altra metà forse non lo vuole ma è disposta a parlare di sostanziali miglioramenti dell’autonomia. Di fronte a tutto questo, abbiamo uno Stato spagnolo che nella pratica ha detto no a tutto”. In base agli ultimi sondaggi, sull’indipendenza i catalani rimangono in effetti piuttosto divisi: il 44,9% è favorevole mentre il 45,1% si dichiara contrario; tuttavia, la grande maggioranza vedrebbe – sebbene nel caso degli indipendentisti, in subordine e come soluzione temporanea – con favore una soluzione di tipo federalista. Soprattutto, la maggioranza dei catalani si schiera a favore di una consultazione che metta fine alle polemiche e dia voce alla popolazione, e in questo senso la decisione del governo regionale di un voto a settembre gode di un forte sostegno anche da parte di settori più inclini al federalismo, come il partito Socialista catalano (Psc); tuttavaia, a livello nazionale solo Podemos (contrario peraltro all’indipendenza) chiede il ricorso alle urne, mentre la direzione generale del Psoe (che teme di perdere voti in altre regioni) si è detta assolutamente contraria. Sul voto di settembre – peraltro già sospeso dalla Corte, in attesa dello scontato verdetto di incostituzionalità – pesa poi l’incognita della logistica e delle eventuali iniziative del governo centrale: secondo la stampa spagnola Madrid avrebbe intenzione di far chiudere le scuole (utilizzate di norma come seggi) e di assumere il controllo diretto della polizia regionale, iniziative che la vicepremier Soraya Saenz de Santamaria – incaricata delle trattative con Barcellona – non ha né confermato né smentito.