Gli italiani come il Marchese del Grillo, dichiarano ma non pagano

FISCO Cresce il numero dei mancati versamenti alle Entrate. Nel 2013 un “rosso” di 15,7 miliardi di euro di Filippo Caleri

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di Filippo Caleri

fisco banconoteForse emulando il leit motiv del Paese e cioè: non ci sono fondi e io non pago (lo Stato nei confronti dei suoi fornitori è l’esempio classico) sempre più italiani si adeguano e nei confronti del fisco si comportano come ligi contribuenti dichiarando per filo e per segno quanto guadagnano e da dove arrivano le loro entrate. Salvo poi, in fase di effettivo versamento delle imposte dovute, adottare la tattica del celebre Marchese del Grillo interpretato da Alberto Sordi, nei confronti del falegname Aronne Piperno. E cioè: “Io non ti pago”. A rilevare il fenomeno in costante crescita è stata la Corte dei Conti nella sua relazione al rendicono generale dello Stato del 2015. Secondo l’analisi si passa da 2,3 milioni di contribuenti e 10,7 miliardi di somme non versate nel 2009, a 2,4 milioni di contribuenti e 11,7 miliardi non pagati nel 2010, per salire a 2,8 milioni di contribuenti e 13,3 miliardi nel 2011, a 2,9 milioni di contribuenti nel 2012 e 14,5 miliardi fino a 3 milioni di contribuenti e 15,7 miliardi del 2013. Somme dichiarate e non versate, dunque, che da alcuni anni continuano a crescere assumendo dimensioni sempre più rilevanti.

Esaminando il fenomeno per diverse “sottocategorie” di autoliquidazione si osserva che l’incremento più marcato è stato registrato per le ritenute (+147%), con mancati versamenti che sono passati da 2,3 miliardi nel 2009 a 5,8 miliardi nel 2013. Differenze meno sorprendenti, ma comunque rilevanti, hanno interessato anche i mancati versamenti Iva, che da 4,9 miliardi sono saliti a 5,6 miliardi (+13,5%), e le imposte proprie che da 3,4 miliardi sono arrivate a 4,3 miliardi (+26,2%). Un numero sempre maggiore di contribuenti dichiara le imposte e poi non effettua i versamenti. Nel 2013 il fenomeno ha riguardato oltre 3 milioni di contribuenti, in crescita del 29,3% rispetto al 2009, per un importo di 15,7 miliardi di euro (+46,8%). “Dai dati -scrive la Corte- emerge la rilevanza e gravità del fenomeno”, che coinvolge milioni di soggetti per somme in “progressivo preoccupante aumento”. L’attività di recupero delle somme mostra che solo una parte di tali importi arriva effettivamente nella casse dell’erario.

Nel 2015 il recupero derivante dall’attività di liquidazione automatizzata, ammonta 6,8 miliardi con un incremento di 783 milioni sul 2014 pari a +12,8%. Tale incremento, osserva la Corte, “conferma indirettamente”, come da tempo segnalato dai magistrati contabili, “il crescente rilievo assunto dal mancato versamento delle imposte dichiarate (Iva, ritenute, imposte proprie), divenuto ormai diffusamente un’impropria forma di finanziamento delle attività economiche quando non addirittura modalità di arricchimento illecito, anche attraverso condotte preordinate all’insolvenza”. Per la magistratura contabile “l’aggravamento del fenomeno sembrerebbe peraltro confermato dal maggiore incremento registratosi nel 2015 degli introiti da versamenti diretti mediante F24 a fronte della minore crescita delle somme derivanti da iscrizioni a ruolo, per loro natura risalenti a periodi d’imposta meno recenti”.