di Filippo Caleri
Esaminando il fenomeno per diverse “sottocategorie” di autoliquidazione si osserva che l’incremento più marcato è stato registrato per le ritenute (+147%), con mancati versamenti che sono passati da 2,3 miliardi nel 2009 a 5,8 miliardi nel 2013. Differenze meno sorprendenti, ma comunque rilevanti, hanno interessato anche i mancati versamenti Iva, che da 4,9 miliardi sono saliti a 5,6 miliardi (+13,5%), e le imposte proprie che da 3,4 miliardi sono arrivate a 4,3 miliardi (+26,2%). Un numero sempre maggiore di contribuenti dichiara le imposte e poi non effettua i versamenti. Nel 2013 il fenomeno ha riguardato oltre 3 milioni di contribuenti, in crescita del 29,3% rispetto al 2009, per un importo di 15,7 miliardi di euro (+46,8%). “Dai dati -scrive la Corte- emerge la rilevanza e gravità del fenomeno”, che coinvolge milioni di soggetti per somme in “progressivo preoccupante aumento”. L’attività di recupero delle somme mostra che solo una parte di tali importi arriva effettivamente nella casse dell’erario.
Nel 2015 il recupero derivante dall’attività di liquidazione automatizzata, ammonta 6,8 miliardi con un incremento di 783 milioni sul 2014 pari a +12,8%. Tale incremento, osserva la Corte, “conferma indirettamente”, come da tempo segnalato dai magistrati contabili, “il crescente rilievo assunto dal mancato versamento delle imposte dichiarate (Iva, ritenute, imposte proprie), divenuto ormai diffusamente un’impropria forma di finanziamento delle attività economiche quando non addirittura modalità di arricchimento illecito, anche attraverso condotte preordinate all’insolvenza”. Per la magistratura contabile “l’aggravamento del fenomeno sembrerebbe peraltro confermato dal maggiore incremento registratosi nel 2015 degli introiti da versamenti diretti mediante F24 a fronte della minore crescita delle somme derivanti da iscrizioni a ruolo, per loro natura risalenti a periodi d’imposta meno recenti”.