L’attesa bordata dell’Antitrust europeo a Google è regolarmente arrivata, ed è stata anche più energica del previsto. La multinazionale americana viene infatti non solo accusata di “abuso di posizione dominante” per come gestisce il cuore delle sue attività, le ricerche su internet, ma anche di sospette pratiche anticoncorrenziali sui sistemi operativi per smartphone e dipositivi mobili. Bruxelles ha infatti deciso di avviare una indagine anche su Android. La responsabile della concorrenza, la danese Margrethe Vestager, classe 1968, ha fatto recapitare una “comunicazione di addebiti” al gigante di Mountain Veiw. Il caso promette di replicare, se non di superare per rilevanza industriale e visibilità mediatica il caso che oppose nel 2004 l’allora eurocommissario Mario Monti e un altro gigante informatico Usa, Microsoft. Si risolse con una storica maxi multa e alcuni obblighi. Google non rischia meno, in base ai precedenti potrebbe vedersi comminare una sanzione fino al 10 per cento del fatturato globale, quindi attorno ai 6 miliardi di euro. Ma soprattutto potrebbe vedersi costretta a operare cambiamenti nel suo modo di operare, specialmente sui mercati Ue. Nel mirino sono innaNzitutto i “servizi di acquisti comparativi”.
Consentono ai consumatori di cercare prodotti su siti web per acquisti e di raffrontare i prezzi applicati dai diversi venditori. Secondo l’Ue, Google favorisce sistematicamente il proprio prodotto (attualmente denominato “Google Shopping”) nelle sue pagine generali che mostrano i risultati delle ricerche. Il gigante Usa può così artificialmente deviare il traffico da servizi di acquisto comparativo concorrenti e impedire loro di competere sul mercato. La Commissione teme che gli utenti non riescano sempre a vedere i risultati più rilevanti delle loro ricerche: questo danneggia i consumatori e limita l’innovazione. A titolo preliminare, la Commissione ritiene che Google debba accordare lo stesso trattamento ai propri servizi di acquisto comparativo e a quelli dei concorrenti. La società ha dieci settimane per rispondere agli addebiti della Commissione e chiedere una audizione formale. Ma la prima reazione è stata ben più rapida. Google ammette di essere il motore di ricerca più utilizzato, ma nel suo blog obietta che ormai i consumatori possono trovare informazioni su diversi altri canali e che i rilievi dell’Ue sono quindi infondati. “Le affermazioni di danni ai consumatori e alla concorrenza si sono rivelate fuori bersaglio”. Bersagliata di domande durante una conferenza stampa gremita, la Vestager per parte sua ha spiegato che l’obiettivo “è garantire che le imprese operanti in Europa, ovunque si trovi la loro sede, non privino i consumatori della più ampia scelta possibile o non limitino l’innovazione.
Forse per evitare controaccuse di protezionismo, l’eurocommissaria non ha mancato di ricordare che diverse aziende ricorrenti interessate al caso sono statunitensi. E interpellata sulle pressioni che avrebbe ricevuto da più parti, ha avvertito che hanno come unico risultato quello di spingere la Commissione a “concentrarsi sui fatti”. Quanto a Android, secondo Bruxelles Google potrebbe aver impedito lo sviluppo e l’accesso al mercato di sistemi operativi, applicazioni e servizi mobili concorrenti, a danno dei consumatori e delle società di sviluppo di servizi e prodotti innovativi. Questo partendo dal fatto che la maggior parte dei produttori di smartphone e di tablet usano il sistema operativo Android in combinazione con una serie di applicazioni e servizi proprietari di Google: essi stipulano così accordi per ottenere il diritto di installarne le applicazioni sui loro dispositivi Android. Infine, la Commissione continua la sua indagine formale in corso ai sensi delle norme antitrust dell’Ue riguardante altri aspetti del comportamento di Google: fra questi il fatto che l’impresa, nei suoi risultati generali di ricerca, favorisca altri servizi di ricerca specializzati, e le preoccupazioni derivanti dalla pratica di copiare i contenuti web dei concorrenti (pratica nota come “scraping”), l’esclusività pubblicitaria e restrizioni indebite imposte agli inserzionisti.