Governo diviso pure su Fisco, rinvio scadenze nodo politico e rischio deficit

Governo diviso pure su Fisco, rinvio scadenze nodo politico e rischio deficit
Luigi Di Maio, Matteo Renzi e Giuseppe Conte
26 giugno 2020

Pressioni dentro e fuori la maggioranza per allungare ulteriormente le scadenze fiscali dopo la mini-proroga al 20 luglio del saldo e acconto Irpef e Ires per le partite Iva. L’opposizione è compatta nel chiedere una nuova proroga e all’interno della maggioranza da M5S e Italia Viva sono giunte esplicite richieste a spostare ulteriormente queste scadenze fino a fine settembre. Una circostanza che, unita alla proposta del premier Giuseppe Conte di tagliare l’Iva, ha causato non pochi nervosismi nel PD che non ci sta a fare il ruolo impopolare del guardiano dei conti pubblici, come emerso nel vertice di ieri sera tra Conte e i capi delegazione di maggioranza. Senza contare, evidenziano ambienti Dem, che si rischia poi di presentare ad autonomi ed imprese un conto che più passa il tempo più diventa salato da pagare. Come ha evidenziato recentemente il viceministro Antonio Misiani sul tema fiscale nel governo “nei prossimi giorni discuteremo le priorità” ma “di sicuro dobbiamo alleggerire la spada di Damocle dei versamenti fiscali rinviati a settembre”.

Il nodo tecnico è che per un ulteriore rinvio delle scadenze, sia delle imposte sui redditi che dell’Iva, allungherebbe in tempi delle rateazioni e quindi farebbe sforare al 2021 gli incassi. Come ha spiegato lo stesso ministro dell’economia, Roberto Gualtieri, in audizione alla commissione Bilancio della Camera. “Intendiamo intervenire per diluire maggiormente il pagamento delle imposte rinviate” ha spiegato precisando che poiché “si va oltre il 2020” c’è un “impatto di bilancio e quindi dovrà essere autorizzato su una base di una autorizzazione di spesa” e quindi con nuovo deficit. Quindi un rinvio sostanziale delle scadenze fiscali richiede una modifica dei saldi e implica la richiesta di un ulteriore scostamento di bilancio oltre i 10 miliardi inizialmente annunciati, ed impegnati, per il decreto luglio. Sono state promesse ingenti risorse per scuola, enti locali, regioni, e, sebbene gli importi del prossimo decreto siano ancora in via di definizione, già l’asticella si potrebbe alzare fino ad un massimo di 20 miliardi portando il totale del nuovo deficit vicino ai 100 miliardi.

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Ulteriore spazio di bilancio andrebbe quindi dedicato al capitolo fiscale dopo quello che è stato necessario per compensare l’impatto sul gettito atteso dalla cancellazione delle clausole Iva e i 4 miliardi di euro della stop alla rata Irap di giugno. Per ora ‘neutro’ sui saldi il rinvio al 16 settembre delle ritenute Irpef, delle addizionali e dell’Iva di marzo, aprile e maggio per autonomi e imprese che prevede un pagamento in un’unica soluzione o in 4 rate che ricadrebbero comunque nel 2020. Il mini-rinvio dal 30 giugno al 20 luglio delle scadenze Ires e Irpef per i contribuenti in regime di ISA e forfettari si spiega proprio con l’intenzione di prendere il tempo necessario per definire gli interventi del decreto luglio e gli spazi di bilancio per una misura complessiva e definitiva in materia di scadenze fiscali. Che rischio però di complicarsi terribilmente visti i numerosi capitoli aperti che creano tensioni nel governo e che attendono una soluzione, da Autostrade, ad Altalia fino all’abuso d’ufficio.

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