Da una parte Giorgia Meloni che incontra il ministro Roberto Cingolani per discutere il dossier che ha messo in cima ai suoi pensieri, quello dell`energia, e sente al telefono il presidente ucraino Zelensky a cui promette che presto sarà a Kiev. Dall`altra, Matteo Salvini che riunisce il Consiglio federale della Lega e presenta la sua `lista della spesa` alla futura premier. Tra l`una e l`altra stanza di Montecitorio ci sono pochi metri e una manciata di scale, eppure la distanza tra i due sembra siderale.
Anche perché mentre dal partito che ha vinto le elezioni si continua a ripetere che il dibattito pubblico non può essere incentrato sul gioco delle poltrone, dai vertici del Carroccio la richiesta è netta ed esplicita: almeno quattro ministeri pesanti – Infrastrutture, Agricoltura, Riforme o Affari regionali e Giustizia. Ma soprattutto, ancora una volta, gli Interni. Nessun nome, nessuna rosa. Tranne uno, sempre lo stesso. Giancarlo Giorgetti lo dice in chiaro: Salvini è un “candidato naturale” per il Viminale.
Giorgia Meloni ha già respinto al mittente la richiesta, eppure il segretario della Lega insiste pur sapendo che non l`avrà vinta. E` un modo per alzare la posta. Perché se la premier in pectore vuole evitare un altro `caso Savona`, Salvini sembra intenzionato invece proprio a innescarlo. Come a dire, `se il problema è questo allora deve essere Mattarella a dire di no`. Ovvero, proprio la falsa partenza che presidente di Fdi non ha alcuna intenzione di fare.
Anche per questo, pur avendo ammesso che per la formazione del governo bisogna “fare presto” perché ci sono importanti scadenze da affrontare, Meloni sceglie di parlare poco dell`una e molto delle altre. A cominciare, appunto, dal dossier sul caro bollette. La “crisi energetica – dice – è una questione europea e come tale deve essere affrontata”, “sosterremo ogni azione volta a contrastare fenomeni speculativi e ingiustificati aumenti del costo de e appoggeremo iniziativa condivisa di concreto aiuto a famiglie e imprese”.