Meloni vede alleati ma non basta. Ancora molti nodi

Per Fi “clima insoddisfazione”. Ancora da superare lo scoglio Ronzulli Il totoministri

salvinimeloniberlusconi

L’atteso vertice a tre, alla fine, non si tiene. Si potrebbe svolgere oggi in mattinata, o ci si potrebbe limitare a delle telefonate. Di certo, ci si dovrà aggiornare perché a Giorgia Meloni non è bastato incontrare (separatamente) Silvio Berlusconi e Matteo Salvini per sbrogliare la matassa della composizione del governo e, ancora prima, quella delle presidenze delle Camere. Il suo desiderio sarebbe quello di veder eleggere il fedelissimo Ignazio la Russa come seconda carica dello Stato già oggi alla prima votazione: i numeri della maggioranza, d’altra parte, sulla carta lo consentirebbero. Solo che quella casella – che la premier in pectore non ritiene più oggetto di trattativa – è entrata nella più intricata partita della formazione dell’esecutivo.

Tanto che, quando ieri in mattinata il senatore Giambattista Fazzolari – in predicato di diventare sottosegretario alla presidenza del Consiglio – dice che l’accordo almeno per Camera e Senato c’è, proprio Ignazio la Russa è costretto a intervenire per correggere il tiro. Di fatto, la giornata per Meloni comincia spargendo ottimismo (“Mi pare che le cose vadano bene, lavoriamo, lavoriamo, saremo pronti”, assicura parlando con i giornalisti) ma si conclude con molti nodi ancora sul tavolo e gli alleati che continuano a non cedere sulle loro richieste. Mentre Matteo Salvini riunisce alla Camera il consiglio federale della Lega, la leader di Fdi insieme a La Russa varca il portone di villa Grande. Un’ora e mezza circa di incontro non bastano però ad accorciare le distanze, tanto che alla fine fonti azzurre parlano di “clima di insoddisfazione”. Tra gli scogli da superare, ci sarebbe ancora il ruolo di Licia Ronzulli che il Cavaliere vuole a tutti i costi nella squadra di governo ma per la quale la leader di Fdi non vorrebbe andare oltre un ministero senza portafoglio.

Tuttavia l’ex premier è convinto che, se le presidenze delle Camere vengono spartite tra Lega e Fratelli d’Italia, allora Fi deve essere compensata con ministeri pesanti. Non a caso punta sui due che gli sono più cari ma che più difficilmente gli possono essere concessi: Mise e Giustizia. Mentre per gli Esteri il nome di Antonio Tajani non sembra in discussione. Anche con la Lega, tuttavia, la partita sembra tornare ogni volta al punto di partenza, tanto che alla fine del consiglio federale il vice segretario del Carroccio Andrea Crippa rimette sul tavolo il nome di Matteo Salvini per il Viminale e quello di Roberto Calderoli per il Senato. “C’è ancora stasera (ieri sera, ndr), c’è tempo, non troppo ma ce n’è”, dice Giancarlo Giorgetti, che al termine della riunione si è fermato a colloquio con il segretario, sui principali dossier sul tavolo. Per Giorgetti si è parlato della possibile nomina a ministro dell’Economia, ma anche di una “corsa” per la presidenza della Camera.

Lui, come sempre schivo, si rifugia in una battuta: “Ho un’offerta della Juventus per sostituire Allegri, sto valutando”. Scherzi a parte, l’accordo da trovare è complessivo e certo la “richiesta” avanzata dal Carroccio sembra molto alta: economia, sicurezza, opere pubbliche e autonomia gli obiettivi indicati da Salvini, che ha aggiunto: “Sappiamo come farlo e con chi farlo”. Ma certo, fanno notare fonti parlamentari di centrodestra, questo è lo spirito di una trattativa: partire dall’obiettivo massimo per poi arrivare a una intesa, che la Lega assicura di voler raggiungere. “Da parte nostra – ha fatto sapere per ben due volte nella stessa giornata di ieri il Carroccio – nessun veto e nessuna impuntatura: è confermata la determinazione per trovare un accordo complessivo e all’altezza delle sfide che attendono l’Italia”. Oggi, in mattinata, a Palazzo Madama si vedrà se la notte avrà portato qualche passo avanti: “Domani (oggi, ndr) votiamo, sono molto ottimista sulla tenuta della coalizione”, ha detto La Russa lasciando Montecitorio.