L’iniziativa ha fatto fioccare accuse di insensibilità verso le donne infertili, e le proteste per gli slogan che sembrano considerare le donne in genere solo come fattrici; da intellettuali, femministe, ma anche politici di tutti i partiti. E poi c’è stata tanta corrosiva ironia dagli internauti che hanno reinterpretato i messaggi della campagna a modo loro, inventandosi una vera e propria campagna parallela. Alla fine il sito del ministero dedicato al #fertilityday è stato bloccato: non più consultabile. La ministro Lorenzin, intervistata, da parte sua ha voluto ribadire che l’intento era solo informare. Bisogna, ha detto, distinguere l’aspetto sanitario da quello sociologico, e spezzare un tabù, anche con gli spot. In effetti l’ispirazione sarebbe venuta dalla campagna danese che l’anno scorso, con ben altra ironia e leggerezza, invitava i cittadini a viaggetti d’amore per fomentare la fecondità. Ma la Danimarca ha un sistema di welfare molto diverso dal nostro mentre nell’Italia della disoccupazione giovanile sono proprio le donne le più colpite.
E così Renzi ha insistito: “Se vuoi creare una società che scommetta sul futuro e che quindi ricominci a fare figli, devi creare le condizioni strutturali: gli asili nido, le condizioni di lavoro delle famiglia, la gestione dei servizi. La questione demografica esiste, e la campagna per tornare a immaginare un futuro secondo me è quella di creare le condizioni per scegliere se, come e quando fare figli”. Se, come e quando: dunque per il premier anche la scelta della non maternità resta valida. E’ consolante, perché dietro la campagna del #fertilityday c’è tutto il “Piano nazionale per la fertilità” del Ministero, che a molti appare fortemente colpevolizzante verso le donne che scelgono di non diventare madri. Per ora, Lorenzin ha promesso di cambiare la politica comunicativa della campagna (curata dall’agenzia Mediaticamente). “Nessuno qui è innamorato di un messaggio di comunicazione – ha detto infatti a Sky tg 24 – , il messaggio deve arrivare corretto. Se ci sono delle immagini che sono state vissute come un’offesa penso che nessuno in questo ministero abbia questo desiderio, ho già dato mandato di poterle rimodulare”. Quello che non è chiaro è se calerà del tutto il sipario sulla fatidica data del 22 settembre.