Governo va sotto alla Camera dopo il voto al Senato, maggioranza fibrilla
LE SPINE DI RENZI Tensioni sulle nuove commissioni a Palazzo Madama. Domani la “integrazione” della squadra di governo che lo storytelling renziano non vuole si chiami “rimpasto” di Maurizio Balistreri
di Maurizio Balistreri
Il day after dopo il secondo e ultimo sì del Senato alla riforma costituzionale di se stesso vede la maggioranza di governo Renzi in fibrillazione. La seconda lettura della riforma costituzionale è iniziata superando la necessaria maggioranza assoluta in aula a palazzo Madama solo grazie ai voti dei 18 parlamentari Ala, delle 3 senatrici dell’ex leghista di Flavio Tosi, di 2 senatori di Forza Italia in dissenso dal gruppo. Altrimenti la riforma costituzionale, fra assenze e debacle Pd, si sarebbe arenata. Meno di dodici ore e il governo va sotto in aula alla Camera sull’omicidio stradale giunto a un metro dal via libera finale, causa assenze massicce in Pd e maggioranza. Passa a sorpresa un emendamento Fi su cui le opposizioni sono leste a convergere, approfitando dell’impasse della maggioranza di Renzi. Il tutto mentre al Senato va in tilt l’accordo interno alla maggioranza sulle presidenze di commissione (e quello con i verdiniani sulle vicepresidenze) che vanno al rinnovo e che liberano posti da inizio legislatura assegnati a Fi, in forza della nascita del governo Letta.
La prossima settimana, mercoledì, in aula al Senato la maggioranza avrà modo di contarsi in maniera definitiva – anche agli occhi del Quirinale – sulla mozione di sfiducia all’intero governo che Forza Italia ha depositato sul caso delle banche fallite salvate da palazzo Chigi. Nel mezzo la direzione del Pd domani pomeriggio, formalmente dedicata alle amministrative ma concomitante con il termine per gli emendamenti – sempre al Senato – sulla legge sulle unioni civili che sta lacerando cattolici, renziani e minoranza dem. Ma anche il possibile annuncio della “integrazione” della squadra di governo che lo storytelling renziano non vuole si chiami “rimpasto”. In ballo il posto da ministro delle Regioni che Ap di Alfano si aspetta, quelli da viceministro lasciati liberi allo Sviluppo dal neo ambasciatore alla Ue Calenda e alla Farnesina da Lapo Pistelli.
Se davvero, come il vertice del Pd si è affrettato a sottolineare a Montecitorio, la debacle odierna in aula alla Camera è solo tecnica e non politica, la riorganizzazione del governo, la definizione dell’assetto di vertice delle commissioni e un voto della direzione Pd che faccia suo il ddl Cirinnà pur nel rispetto della libertà di coscienza, farà riprendere dalla prossima settimana una navigazione più robusta al governo. Se invece la quadra che in queste ore si sta cercando fra palazzo Chigi, Senato, largo del Nazareno e Montecitorio non sarà trovata le votazioni dei senatori prima sulla mozione di sfiducia e poi sulle unioni civili, nel segreto dell’urna, potranno riservare sorprese più eclatanti del previsto. E’ la domanda che il premier Matteo Renzi farà al sottosegretario Luca Lotti al rientro da Losanna, dove ha spinto al Cio la candidatura di Roma per le Olimpiadi 2024.