Gran Bretagna, tra Tories parte la corsa alla successione a Cameron. Cresce la fronda contro Corbyn
CICLONE BREXIT I candidati del Partito Conservatore hanno tempo dalle 18 italiane di oggi alle 13 di domani per presentarsi e il nome del nuovo capo del governo sarà annunciato il 9 settembre
In Gran Bretagna si apre ufficialmente oggi la corsa dei pretendenti conservatori a succedere al dimissionario premier David Cameron (foto sx), travolto dal voto al referendum per la Brexit, mentre il maggiore partito d’opposizione, il Labour, vede crescere la fronda contro il leader Jeremy Corbyn (foto dx), che non molla nonostante la sfiducia della stragrande maggioranza dei sui deputati. I candidati del Partito Conservatore hanno tempo dalle 18 italiane di oggi alle 13 di domani per presentarsi e il nome del nuovo capo del governo sarà annunciato il 9 settembre. Stamani solo il ministro del Lavoro Stephen Crabb si è candidato ufficialmente, con il sostegno del ministro per le imprese Sajid Javid. Favorevole alla permanenza di Londra nella Ue, Crabb, di origini modeste, intende “rispondere alle attese di 17 milioni di britannici che hanno votato perché il Regno unito lasci la Ue” ha scritto sul Daily Telegraph. Ma i veri favoriti sono la ministra degli Interni Theresa May, che rappresenterebbe una candidatura di compromesso, anche se finora è rimasta silenziosa, e il leader della campagna per la Brexit Boris Johnson, 52 anni, ex sindaco di Londra, che ha vinto il referendum.
Nota euroscettica, May, 59 anni, aveva sorpreso schierandosi nel campo del Remain, dichiaratamente per senso di disciplina nel confronti del capo del governo David Cameron. Ma si è ben guardata dal fare campagna in prima linea. Per molti Tories è una figura di compromesso che permetterebbe di riunire un partito profodamente diviso tra pro e anti-Ue. Secondo un sondaggio YouGov di ieri, Theresa May (foto home) è favorita con il 31% dei consensi tra i sostenitori del partito, mentre Johnson ha il 24%. Dopo la chiusura delle candidature, i deputati avranno tre settimane per scegliere due finalisti che verranno votati da 150mila iscritti al partito durante l’estate. Tra i Labour il leader Jeremy Corbyn, già molto contestato, è appeso a un filo dopo aver perso un voto di sfiducia dei suoi parlamentari 172 a 4, oltre al sostegno dei due terzi dei membri del suo governo ombra. I ribelli lo accusano di non aver difeso abbastanza la permanenza di Londra nella Ue e pensano che sotto la sua guida il partito non abbia alcuna chance di riconquistare alle elezioni il governo del Paese. Ma la sfiducia non è vincolante e Jeremy Corbyn rifiuta ostinatamente di cedere a un “golpe”, affermando che non “tradirà” gli iscritti del partito che a settembre l’hanno eletto a stragrande maggioranza.
Ha anche preannunciato che si presenterà alle prossime primarie, nelle auli potrebbero sfidarlo Angela Eagle, uno dei membri dimissionari del governo ombra, e il suo vice Tom Watson. Per essere valida la sfiducia deve essere convalidata dagli iscritti, presso i quali Corbyn resta popolare. Un sondaggio YouGov per il Times mostra che otto su dieci tra i nuovi iscritti al partito dopo la sua elezione lo sosterrebbero in caso di nuove primarie. Stasera una riunione presso la maggiore organizzazione sindacale britannica, il Trade Union Congress (TUC), dovrebbe portare sostegno a Corbyn. L’economista francese Thomas Piketty, diventato consigliere del partito Laburista, ha annunciato di aver abbandonato l’incarico un mese prima del referendum per mancanza di tempo e aggiunge che se anche “la campagna di Corbyn certamente non è stata formidabile, è difficile fare di lui il principale responsabile ” della Brexit. (fonte Afp)