Il Bolshoi le ha offerto di entrare in compagnia per tre volte ma lei, Svetlana Zakharova, 36 anni, una delle ballerine più acclamate nell’attuale panorama della danza, aveva sempre rifiutato. Non si “sentiva pronta”, aveva “paura di lasciare la compagnia del Kirov” attuale Teatro Marinskij, nel quale era entrata “a soli 17 anni, vincendo un’audizione”, dopo sette anni di studi lontano dalla sua Lusk, cittadina dell’Ucraina. Una compagnia di balletto, si sa, diventa spesso per i giovani ballerini che vi si formano, una seconda famiglia, e per Svetlana Zakharova, costretta, quasi, dalla madre allo studio della danza, il Kirov “in quel momento era la cosa più importante”. Quando però il Teatro Bolshoi le ha nuovamente offerto di entrare in compagnia, “per la quarta volta” ha deciso di accettare “perché forse quella poteva essere l’ultima occasione”. Svetlana Zakharova, sorride lievemente mentre racconta le tappe della sua carriera, un sorriso timido, in un volto a cuore, che raggiunge gli occhi attenti, vivaci. La grazia, l’eleganza, l’espressività che da anni contraddistinguono il suo modo di danzare, sono tutti nei piccoli gesti che accompagnano le parole, nei brevi cenni del capo, mentre si gira ad ascoltare le parole del l’interprete. La ballerina ucraina, oggi étoile del Bolshoi e ballerina ospite dei maggiori teatri internazionali, tra cui La Scala, in questi giorni protagonista di una Soirée di danza, insieme ai suoi amici, solisti del Bolshoi e del Marinskij, a Furnari, in provincia di Messina, nell’Arena a Portorosa che ospita gli appuntamenti estivi del Teatro Vittorio Emanuele di Messina. In programma alcune delle più conosciute coreografie del repertorio classico e moderno unitamente ad alcune nuove coreografie, presentate in prima nazionale, “Digital love” e “The pictur of…”, produzioni originali del ballerino e coreografo tedesco Patrick de Bana.
Come è nata la sua collaborazione con de Bana? E di cosa narra Digital Love che ha danzato insieme a lui?
“Conosco Patrick de Bana da tempo ma lavoriamo da poco insieme. Ci siamo incontrati la prima volta al Bolshoi. Gli avevo fatto i complimenti per il suo lavoro, dicendogli che speravo di poter lavorare presto insieme. Dopo un po’ mi ha proposto la musica per il balletto ed io ho pensato a come sarebbe potuta essere la coreografia. Digital love è nato ispirandosi al disastro dell’aereo scomparso in mare. La storia di Digital love è particolare. Il mio personaggio apprende la notizia del disastro dell’aereo, sul quale si trovava un conoscente. La notizia la sconvolge, gli amici, i parenti le sono prima vicini, poi resta sola, con il suo dolore”.
C’è un ruolo, classico o moderno al quale si sente più vicina, che interpreta con maggiore intensità?
“Io amo particolarmente la storia che supporta i personaggi, in modo da esprimere le passioni dietro di loro, ciò che li alimenta. Per questo non sono particolarmente legata ad un personaggio quanto alla storia che rappresenta, ciò che lo fa vivere”.
Diversa invece la genesi dell’altro assolo, firmato dalla coreografa giapponese Motoko Hirayama.
“Ho ascoltato la musica mentre ero in palcoscenico, ma dietro le quinte, e mi sono incuriosita. Era una musica particolare. Così sono andata a vedere cosa fosse ed ho visto questa piccola danzatrice giapponese, muoversi così leggera. Ne sono rimasta affascinata e le ho chiesto di insegnarmela”.
Le coreografie moderne la intrigano, affascinano?
“Quando mi trovo a danzare per molto tempo, sento la necessità di cambiare e ho voglia di dedicarmi a coreografie nuove. Lo stesso però accade quando mi capita lo stesso con coreografie contemporanee. Sento di dovere riprendere il repertorio. Non ne posso fare a meno. Per me è un modo di evolvere, crescere”.
Nota una differenza tra i danzatori della sua generazione e i giovani interpreti?
“Oggi tutto va verso una dimensione tecnica nell’arte, così è probabile che anche il balletto vada verso questa strada. Incontro giovani che hanno idee molto tecniche nel modo di ideare ciò che avviene sul palcoscenico, molto interessanti, visionarie anche”.
Come prepara una nuova coreografia?
“Quando preparo un ruolo nuovo studio inizialmente tutte le parti tecniche. Poi quando mi trovo sul palco ecco che ai particolari puramente tecnici si aggiungono le idee interpretative, e alla tecnica si unisce l’espressività. Prima però di sentire pienamente mio il ruolo, ciò che rappresenta dal punto di vista espressivo, ci voglio almeno cinque recite”.
Si sente fortunata?
“Sono stata molto fortunata, ho avuto la possibilità di danzare le coreografie più affascinanti, lavorare nei maggiori teatri, ho avuto come partner gli interpreti della danza maschile, i coreografi più interessanti: ognuno di loro mi ha dato tantissimo”.