Domani, i groenlandesi si recheranno alle urne per le elezioni legislative, in un voto che potrebbe segnare una svolta storica per il futuro dell’isola. Tra i temi centrali della campagna elettorale c’è la questione dell’indipendenza dalla Danimarca, attuale potere tutelare, e la volontà di evitare di cadere sotto l’influenza degli Stati Uniti, in particolare del presidente Donald Trump, che in passato ha espresso interesse ad acquisire la Groenlandia.
Con una popolazione di appena 57.000 abitanti, la Groenlandia è un territorio vasto e ricco di risorse, ma con una densità demografica estremamente bassa. L’idea di diventare una nazione completamente indipendente è sempre più popolare tra i groenlandesi, molti dei quali affermano con orgoglio di non voler essere né danesi né americani, ma semplicemente groenlandesi.
L’insistenza, talvolta minacciosa, di Donald Trump nel voler acquisire la Groenlandia ha contribuito ad accelerare il dibattito sull’indipendenza. La proposta del presidente americano, vista come un tentativo di espansione territoriale, ha suscitato indignazione e rafforzato il sentimento nazionalista tra i groenlandesi. L’isola, infatti, non è solo un territorio strategico per la sua posizione artica, ma anche per le sue risorse naturali, tra cui minerali rari e pesca, che rappresenta il 90% delle esportazioni.
Oltre alla questione dell’indipendenza, i partiti politici hanno affrontato temi cruciali come l’istruzione, gli affari sociali, la pesca e il turismo. Quasi tutte le formazioni politiche concordano sulla necessità di rendere la Groenlandia autosufficiente, ma divergono sui tempi e sui modi per raggiungere questo obiettivo.
Il partito nazionalista Naleraq, all’opposizione, ha chiesto un’accelerazione del processo di indipendenza, posizionandosi come una delle voci più radicali durante la campagna elettorale. Nelle elezioni del 2021, il partito aveva ottenuto il 12% dei voti, dimostrando di avere un seguito significativo.
D’altra parte, i due partiti della coalizione uscente, Inuit Ataqatigiit (IA), formazione verde-sinistra guidata dall’attuale primo ministro Mute Egede, e Siumut, partito socialdemocratico, sono sotto pressione. Sebbene entrambi sostengano l’idea di un’indipendenza futura, le divisioni interne e le diverse priorità potrebbero influenzare il risultato elettorale.
In Groenlandia, i sondaggi sono rari, ma le ultime rilevazioni suggeriscono che Inuit Ataqatigiit e Siumut potrebbero continuare a governare in coalizione, come avviene attualmente. Tuttavia, Siumut, che ha promesso un referendum sull’indipendenza dopo le elezioni, potrebbe attirare più consensi e posizionarsi come primo partito, ottenendo così il diritto di scegliere il prossimo primo ministro. Un sondaggio di gennaio attribuiva a Siumut il 31% delle intenzioni di voto, contro il 9% di Inuit Ataqatigiit.
La Groenlandia, colonizzata dalla Danimarca più di tre secoli fa, ha ottenuto l’autonomia nel 1979, ma dipende ancora da Copenaghen per questioni come la difesa e gli affari esteri. Con una legge del 2009, i groenlandesi hanno il diritto di avviare un processo di indipendenza, che prevede negoziati con la Danimarca e un referendum popolare. Tuttavia, il percorso è complesso e richiede non solo l’approvazione dei groenlandesi, ma anche del parlamento danese.
Le elezioni di domani rappresentano un momento cruciale per la Groenlandia. Mentre il desiderio di indipendenza è condiviso da molti, le sfide economiche e politiche rimangono significative. L’isola dovrà trovare un equilibrio tra l’aspirazione all’autodeterminazione e la necessità di garantire stabilità e prosperità per i suoi cittadini.
Qualunque sia il risultato, una cosa è certa: i groenlandesi vogliono scrivere il proprio destino, lontano dalle influenze di potenze straniere, sia essa la Danimarca o gli Stati Uniti.