Prime crepe tra oligarchi e Putin. E ministro Esteri russo tace

Prime crepe tra oligarchi e Putin. E ministro Esteri russo tace
Mikhail Fridman e Oleg Deripaska
28 febbraio 2022

Che non tutti nello stretto entourage di Vladimir Putin approvino la decisione di attaccare l’Ucraina è diventato evidente ancora prima dell’inizio delle operazioni militari. Precisamente lunedì scorso, quando in tv il presidente russo ha umiliato il capo del controspionaggio (SVR) Sergey Naryshkin, reo di avere osato proporre una “ultima chance per i nostri partner occidentali”, ovvero per il negoziato. Con l’esercito in azione da quattro giorni, dalla galassia del sistema di potere putiniano arrivano scricchiolii, ma è presto per verificarne la tenuta o per ipotizzare defezioni eccellenti. Molto dipenderà dall’esito della partita bellica e da quella negoziale portate avanti da oggi contemporaneamente. Due potenti oligarchi hanno osato fare un pubblico appello alla pace, e già questo non è poco.

Mikhail Fridman, il fondatore di Alfa Bank, la più grande banca privata russa, ha inviato venerdì ai suo suoi dipendenti una lettera in cui invita a “porre fine allo spargimento di sangue”. Lettera poi fatta pervenire al Financial Times, dove Friedman – capitale stimato oltre gli 11 miliardi di dollari – scrive che “la guerra non può mai essere la risposta”. Il magnate ha poi chiarito di non volere fare commenti “politici”. Ieri è stata la volta di Oleg Deripaska, capitale stimato a 4 miliardi, ex marito della nipote di Boris Eltsin, il “re dell’alluminio” che ha costruito una fortuna sulle materie prime. Nel suo canale Telegram e su Twitter è comparso un messaggio in cui chiede “pace” e l’inizio dei negoziati “il prima possibile”. Deripaska è considerato molto vicino a Putin. Come tutti gli oligarchi russi ha da temere molto dalle conseguenze delle nuove sanzioni e dell’ulteriore isolamento della Russia. Sabato scorso un funzionario della Casa Bianca ha affermato che bisogna “dare la caccia” agli “yacht, jet, auto di lusso e case di lusso” degli ultramiliardari russi. Da brividi per molti pezzi grossi del sistema putiniano.

Lunedì scorso, durante il Consiglio di sicurezza che ha preceduto il riconoscimento delle repubbliche autoproclamate del Donbass, Putin ha maltrattato il suo capo dell’intelligence estera, che alla fine, balbettando, si è allineato. E ha chiesto a tutti gli altri membri del Consiglio, che è una sorta di cabina di regia del potere putiniano, di esprimere la loro opinione, ovviamente affermativa. Un modo per far vedere chi comanda davvero, o piuttosto un modo per mettere tutti sulla stessa barca, in caso le cose dovessero andare diversamente dal previsto. L’operazione militare in Ucraina ha scatenato dinamiche evidentemente non previste da Putin e ora c’ è da chiedersi quanto il suo ‘cerchio magico’ gli resterà fedele. Presto per dire. A quella riunione partecipava anche il ministro degli Esteri Sergey Lavrov, ora sotto sanzioni, fino a pochissimo tempo fa reputato diplomatico, rispettatissimo in Occidente. Da alcuni giorni Lavrov tace.

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