La guerra in Ucraina continua a rappresentare uno dei principali nodi della geopolitica globale, con segnali di dialogo che emergono in un contesto di crescenti tensioni. La recente dichiarazione del ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, solleva interrogativi sul ruolo delle potenze occidentali e sull’effettiva volontà di negoziazione. Secondo Lavrov, la Francia avrebbe più volte contattato Mosca attraverso canali riservati, proponendo un dialogo sulla crisi ucraina, ma senza il coinvolgimento di Kiev.
Lavrov ha ribadito che Mosca è aperta al dialogo senza precondizioni, ma insiste sull’importanza di implementare gli accordi già firmati, come il protocollo di Minsk. Tuttavia, ha sottolineato che un cessate il fuoco immediato non porterebbe risultati concreti, data la necessità di garanzie affidabili per una risoluzione duratura del conflitto.
Parallelamente, Mosca guarda con interesse all’iniziativa del primo ministro slovacco Robert Fico, che ha offerto la Slovacchia come piattaforma neutrale per eventuali negoziati tra Russia e Ucraina. “Per noi questa è un’opzione accettabile”, ha dichiarato Putin, suggerendo che un ruolo mediatore di Bratislava potrebbe rappresentare una via diplomatica praticabile.
Nel contesto più ampio, la relazione tra Mosca e Washington resta tesa, aggravata dall’attacco russo condotto nella mattina di Natale contro infrastrutture ucraine, con il lancio di oltre 170 missili e droni. Un’azione definita “oltraggiosa” dal presidente statunitense Joe Biden, che ha chiesto di accelerare la fornitura di armi all’Ucraina.
Tuttavia, Putin ha rivelato un dettaglio interessante: nel 2021, prima dell’inizio del conflitto, Biden avrebbe offerto a Mosca di rinviare l’adesione di Kiev alla Nato. Questo elemento getta luce su una dinamica complessa, in cui anche gli Stati Uniti hanno cercato di gestire le tensioni in modo non sempre trasparente.
Putin ha dichiarato apertamente di voler chiudere la guerra, non congelarla, evidenziando che gli obiettivi dell’“operazione militare speciale” devono essere portati a termine. Una chiusura che, dal punto di vista russo, non implica concessioni, ma piuttosto un successo sul campo di battaglia.
Di contro, il presidente ucraino Voldymyr Zelensky ha riaffermato la volontà di perseguire una “pace giusta e duratura” entro il 2025, suggerendo però che un compromesso potrebbe essere possibile solo se fossero affrontate le questioni territoriali del Donbass e della Crimea.
La figura di Donald Trump, potenziale candidato per le elezioni presidenziali statunitensi del 2024, emerge come elemento cruciale per il futuro della crisi. Lavrov ha espresso la speranza che una futura amministrazione Trump possa “comprendere le ragioni che hanno portato al conflitto” e riaprire i canali di dialogo interrotti dall’amministrazione Biden.
La guerra in Ucraina si trova in una fase di stallo pericolosa, dove i segnali di dialogo si intrecciano con le ambizioni strategiche delle parti coinvolte. La proposta slovacca, il coinvolgimento della Francia e le prossime mosse degli Stati Uniti potrebbero rappresentare delle svolte significative. Tuttavia, finché non emergerà una volontà chiara e condivisa di porre fine al conflitto, ogni tentativo diplomatico rischia di rimanere un’illusione.