Non luogo a procedere per Ciancio: “fatto non e’ reato”. La difesa: “I processi si fanno con le prove”
MAFIA Il direttore del quotidiano La Sicilia di Catania è accusato dalla procura etnea di concorso esterno
Il Gup del tribunale di Catania ha deciso il non luogo a procedere per Mario Ciancio, editore e direttore del quotidiano La Sicilia di Catania, accusato dalla procura etnea di concorso esterno alla mafia. Per il giudice il fatto non e’ previsto dalla legge come reato. La decisione e’ stata presa dal Gup Gaetana Bernabo’ Distefano, secondo il quale non vi erano elementi necessari per istruire un processo. Oggi l’udienza si era aperta con gli interventi dei legali della difesa, gli avvocati Carmelo Peluso, del foro di Catania, e Francesco Colotti, dello studio di Giulia Bongiorno. In precedenza la Procura di Catania aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo, ma il Gip Luigi Barone in udienza camerale aveva sollecitato nuove indagini formulando l’imputazione coatta. Nel procedimento si erano costituiti come parte civile l’Ordine dei giornalisti di Sicilia, con l’avvocato Dario Pastore, i due fratelli del commissario della polizia di Stato Beppe Montana, ucciso dalla mafia, Dario e Gerlando, con il penalista Goffredo D’Antona, e Sos Impresa, associazione antiracket di Confesercenti, con il legale Fausto Maria Amato.
“Questa sentenza ha consentito di evitare ingiustizie: sono particolarmente felice di avere trovato un giudice che ha trovato la forza e il tempo di leggere questa mole di carte e di assumere una decisione assolutamente coraggiosa”. Lo affermail legale del direttore ed editore de La Sicilia Mario Ciancio, l’avvocato Carmelo Peluso. “Quando i processi non sono istruibili – ha osservato il penalista – ci vuole qualcuno che lo dica prima che si facciano feriti e si lascino sul campo famiglie senza lavoro. Oggi spero che sia l’alba di un nuovo periodo. La Corte di Cassazione sta disinfettando il bisturi dell’antimafia e ho portato diverse sentenze per potere dire che oggi ci vogliono le prove per fare i processi. Non sono piu’ ammissibili i tempi in cui si fanno sui sospetti, perche’ lasciano per strada sequestri penali, misure di prevenzione, aziende che falliscono. Tutto questo, per carita’, se e’ giusto allora e’ giusto che accada, se non e’ giusto pensiamoci per tempo”.