Barack Obama lo aveva promesso nella sua ultima conferenza stampa del 2016 prima delle vacanze di Natale. Tredici giorni dopo è arrivata la conferma: il presidente americano uscente ha annunciato una serie di misure pesantissime con cui intende punire la Russia per avere interferito nelle elezioni americane, vinte a sorpresa dal repubblicano Donald Trump attraverso cyber-attività “aggressive”. Per la Casa Bianca la tesi è che le intrusioni illecite dei pirati informatici arruolati da Mosca abbiano danneggiato la candidata democratica Hillary Clinton e messo a repentaglio il processo elettorale e le istituzioni democratiche della prima economia al mondo. E questo nonostante “ripetuti avvertimenti fatti privatamente e in pubblico”, ha tuonato il presidente uscente, facendo riferimento al monito lanciato a settembre a Vladimur Putin durante il G20 in Cina e poi il 16 dicembre scorso davanti alle telecamere riunite alla Casa Bianca prima di andare alle Hawaii. Il Cremlino ha negato tutto definendo le accuse “prive di fondamento” e le ritorsioni “illegali”.
LA MOSSA USA Proprio alla luce del comportamento di Mosca, il 44esimo presidente Usa ha minacciato il Cremlino e ha lanciato un appello al popolo americano e agli alleati. Alla Russia ha detto che gli Usa continueranno “ad adottare una serie di azioni quando e dove lo vogliamo, alcune delle quali non saranno pubblicizzate”, un altro modo per dire che Washington risponderà all’hackeraggio di Mosca con i suoi pirati informatici. Ai concittadini ha spiegato: “Tutti dovrebbero essere allarmati dalle azioni della Russia”. E alle nazioni partner ha chiesto di lavorare “insieme per contrastare gli sforzi della Russia volti a danneggiare norme di comportamento costituite su scala internazionale e volte a interferire la governance democratica”. In vista della consegna “nei prossimi giorni” al Congresso di un rapporto centrato sugli sforzi del Cremlino volti a interferire “nelle nostre elezioni”, Obama ha ampliato la sua autorità inserendo un emendamento a un ordine esecutivo dell’aprile 2015 che ha funzionato da deterrente con la Cina ma non con la Russia in campo di cyber-intrusioni.
ESPULSIONE DIPLOMATICI Con i nuovi poteri, il presidente Usa ha annunciato l’espulsione di 35 diplomatici considerati “persona non grata”: dovranno lasciare gli Usa entro 72 ore; attualmente sono sparsi tra l’ambasciata russa a Washington e il consolato russo a San Francisco. Il dipartimento di Stato inoltre si appresta a chiudere due complessi a uso ricreativo di proprietà della Russia presenti su suolo americano (in Maryland e a New York): nessuno del personale russo potrà metterci piede a partire da oggi, quando in Italia saranno le 18. Obama ha inoltre sanzionato due servizi di intelligence russi (Gru e Fsb), quattro funzionari della Gru e tre aziende che hanno fornito materiale di sostegno alle cyber-attività. Di tutti loro la Casa Bianca ha fornito nomi e cognomi. Il Tesoro ha inoltre individuato due hacker russi (di cui sono state diffuse anche le fotografie). Infine il dipartimento della Sicurezza nazionale e l’Fbi hanno pubblicato un rapporto congiunto che contiene informazioni tecniche (in alcuni casi erano top secret) sulle intrusioni informatiche eseguite dai servizi d’intelligence militari e civili della Russia. L’obiettivo è “aiutare a meglio proteggere le reti Usa e a identificare e fare saltare la campagna globale della Russia data dalle cyber-attività illecite”. Immediate le ritorsioni russe contro gli Usa. Il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha proposto una serie di misure punitive di pari portata a quelle annunciate dagli Usa continuando a ripetere che le accuse di interferenze da parte della Russia nella campagna elettorale Usa sono infondate e la Russia “non lascerà senza risposta le sanzioni” decise dall’amministrazione americana. In particolare, il capo della diplomazia russa ha chiesto l’espulsione di 35 diplomatici americani e l’interdizione all’uso delle dache alla periferia di Mosca. I diplomatici che dovranno lasciare la Russia sono 31 funzionari della ambasciata americana a Mosca e 4 del consolato generale Usa di San Pietroburgo.