di Maurizio Balistreri
L’attacco informatico contro i democratici statunitensi potrebbe essere stato più ampio di quanto inizialmente creduto e aver violato gli account privati di posta elettronica di oltre 100 tra funzionari e gruppi democratici. A scriverlo, citando fonti vicine al caso, è il New York Times, tra i giornali che sostengono che l’attacco sia stato portato da hacker russi, probabilmente legati alle massime autorità del Cremlino. L’Fbi ha allargato la propria indagine e ha cominciato a notificare a molti funzionari democratici che gli hacker potrebbero aver violato i loro account personali. L’obiettivo principale sarebbero stati gli account delle persone che fanno parte dello staff elettorale della candidata alle presidenziali, Hillary Clinton. Da settimane il partito è a conoscenza dell’accesso che gli hacker hanno avuto alla rete del Democratic Congressional Campaign Committee (Dccc), il comitato che si occupa delle campagne elettorali per la Camera degli Stati Uniti, e ai server del Comitato nazionale democratico, che ha portato alle dimissioni di quattro dirigenti, tra cui la presidente Debbie Wasserman Schultz, per le polemiche sorte sui messaggi diventati pubblici. Ora, però, pare che gli hacker abbiano colpito altre organizzazioni, come l’associazione dei governatori democratici.
A questo punto, il partito teme nuove rivelazioni potenzialmente dannose, come successo alla vigilia della convention di Philadelphia con la pubblicazione di 20.000 e-mail, da parte di Wikileaks, da cui emerge la volontà dei leader del partito di favorire Hillary Clinton contro Bernie Sanders alle primarie. Pochi giorni fa, Clinton ha accusato direttamente Mosca per il furto delle e-mail: “Sappiamo che sono stati i servizi segreti russi e sappiamo che hanno organizzato anche la diffusione di quelle mail”. Il Cremlino ha respinto le accuse, definite “scandalose” e “offensive”. Per Glenn Greenwald, uno dei giornalisti che ricevettero le informazioni segrete sull’intelligence statunitense da Edward Snowden e che ora guida il sito d’informazione The Intercept, quella di accusare rivali e critici di essere amici della Russia e lacchè del presidente Vladimir Putin è “un’arma usata frequentemente dai democratici”, come quella di vedere un “complotto russo” che avrebbe l’obiettivo di influenzare le elezioni presidenziali. Una strategia che va oltre le accuse a Donald Trump, il rivale per la Casa Bianca, che verrebbe aiutato da Putin.
Per esempio, coinvolgendo WikiLeaks, che avrebbe ricevuto le e-mail dai russi e agito per colpire la campagna elettorale di Clinton. Il Washington Post, per esempio – ricorda Greenwald – ha scritto, citando un funzionario dell’intelligence, “che la comunità dell’intelligence statunitense […] non è arrivata a una conclusione su chi abbia passato le e-mail a Wikileaks” e “non ha trovato alcune connessione evidente tra i servizi d’intelligence russi e Wikileaks; nessuna”. Alla fine di luglio, il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, ha detto che la sua organizzazione pubblicherà “molto materiale in più” sulle elezioni presidenziali statunitensi. Intervistato dalla Cnn, Assange ha accusato Clinton di voler allontanare il focus dal contenuto dei messaggi, accusando la Russia per la loro pubblicazione. “Questo solleva un problema molto serio, cioè che l’istinto naturale di Hillary Clinton e delle persone che ha attorno, davanti a un serio scandalo di politica interna, è quello di cercare di accusare i russi, i cinesi etc.”. “È uno stile politico che potrebbe portare a conflitti, se dovesse averlo da presidente”. Assange ha detto che WikiLeaks non confermerà e non negherà la responsabilità della Russia nel furto delle e-mail.
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