E’ pomeriggio inoltrato quando autorevoli fonti di governo fanno finalmente chiarezza. Khalifa Haftar ha sciolto le sue riserve e questa sera è arrivato a Palermo. Un aereo italiano è partito per Bengasi per trasferirlo in Sicilia e la Conferenza per la Libia avrà dunque il suo generale. Tardi, ma lo avrà, mettendo fine a giorni di smentite e conferme, spettri di sedie vuote, viaggi fantasma, dichiarazioni di propaganda di personalità della sua cerchia più prossima.
Una svolta per il vertice e un sospiro di sollievo per il governo di Giuseppe Conte, che ha visto premiati gli sforzi compiuti negli ultimi giorni per evitare che la Conferenza si trasformasse in una semplice passerella per i fotografi. Incerta resta però l’agenda del generale: Haftar, in ogni caso, ha deciso di non partecipare alla cena di lavoro prevista in serata, ma incontrerà il premier italiano in un bilaterale, in programma tra l’altro anche con le altre delegazioni libiche, prima di chiudere la giornata.
La presenza dell’uomo forte della Cirenaica ha trasformato il capoluogo siciliano nella casa di (quasi) tutti i libici. Ma è rimasta in forse fino a poche ore dall’inizio del vertice. Per buona parte della giornata odierna, Khalifa Haftar è rimasto in Libia, nel suo quartier generale di Bengasi. E fino al primo pomeriggio è stato un rincorrersi di voci: su riunioni a margine, cene di lavoro, vertici ristretti, colloqui bilaterali. A Villa Igiea, che ospita la Conferenza, o nella sede della prefettura, in hotel o in un ristorante alla moda di Mondello, in aeroporto o in un villino-museo in città. Per tutto il giorno Haftar è stato ovunque. Eppure molti temevano non arrivasse più.
Fino a quando è cominciato a filtrare un certo “ottimismo” sul fatto che il generale libico avrebbe guidato una delle 38 delegazioni presenti. Ma solo poco dopo le 18:30 il mistero è stato svelato. “Siamo molto soddisfatti” che sia arrivato, ha commentato una fonte, che ha escluso cambi di programma sui lavori. Dunque, niente mini summit con Russia, Egitto, Ciad e Niger, come era trapelato alla vigilia. Prima di Haftar, dieci capi di Stato e di governo, e i rappresentanti di almeno altri 28 Paesi e organizzazioni sono arrivati alla spicciola, accolti dal premier Conte, mentre dalle prime ore del giorno erano in corso tavoli tecnici su sicurezza ed economia. L’inviato dell’Onu Ghassan Salamé si è dato un gran daffare, incontrando il presidente dell’Alto Consiglio di Stato libico Khaled al Meshri, il ministro degli Esteri di Tripoli Mohamed Taher Siala, il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk Aguila Saleh, il primo ministro di Tripoli Fayez al Sarraj e lo stesso premier Conte.
“Siamo qui per aiutare il popolo libico a decidere il proprio futuro”, ha detto nel pomeriggio il premier, che in questi due giorni insegue l’obiettivo minimo di coagulare un solido sostegno attorno al piano d’azione Onu dell’inviato Ghassan Salamé. L’Italia ha promosso questa Conferenza perché vuole fornire un contributo nel quadro delle Nazioni unite al processo di stabilizzazione della Libia, ha ripetuto il presidente del Consiglio come un mantra. E Conte chiederà lo stesso sforzo a tutti: puntare senza esitazioni sul piano “rivisitato” di Salamé, che prevede una grande Conferenza nazionale nelle prime settimane del 2019 e un voto in primavera, una serie di riforme economiche a beneficio dei libici e la creazione di una forza militare istituzionale a Tripoli.
Difficile dire adesso se il premier vincerà la sua partita e riuscirà a mettere assieme, attorno allo stesso tavolo, i rappresentanti delle quattro delegazioni libiche. Haftar, alla vigilia, aveva posto delle condizioni, lasciando intendere che non avrebbe mai accettato negoziati allargati ad alcuni esponenti delle fazioni rivali, in particolare quelli considerati più vicini alla Fratellanza Musulmana. Di certo c’è che il generale della Cirenaica un primo risultato lo ha già ottenuto. Da giorni si parla di lui e delle sue scelte. E il successo della Conferenza si misura ormai su quanto Haftar deciderà di concedere. askanews