Bruce Nauman è uno degli artisti che hanno dato forma al modo in cui oggi pensiamo all’arte contemporanea, uno di quelli che hanno fornito un nuovo alfabeto, prima ancora che un nuovo vocabolario. Guardando le sue opere che oggi sono esposte in Pirelli HangarBicocca a Milano si ha la sensazione di osservare, per citare Roland Barthes, il grado zero dell’arte del presente. La mostra “Neons Corridors Rooms” è un progetto ambizioso e magnifico, che riporta nello spazio milanese l’intensità di esposizioni indimenticabili, come quelle di Juan Munoz o Philippe Parreno. E lo fa sfruttando la struttura dei corridoi di Nauman, che sono un vero e proprio luogo del contemporaneo. “Il visitatore – ha detto ad askanews il direttore artistico Pirelli HangarBicocca, Vicente Todolì – diventa protagonista, è più cosciente del suo corpo, lo è in un modo diverso: è attore e spettatore al tempo stesso, e questo crea una specie di inquietudine, una specie di inquietudine, perché si trova in uno spazio tra il fisico e lo psicologico”.
Una delle rivoluzioni del lavoro di Nauman, colui che per primo ha mappato la presenza del corpo come strumento d’arte, è proprio quella di avere ampliato il ruolo del pubblico, costretto a fare i conti con le opere, ma soprattuto con se stesso. Come ha sottolineato anche Sir Nicholas Serota, storico direttore della Tate di Londra, che insieme allo Stedelijk Museum di Amsterdam ha collaborato alla realizzazione della mostra. “Credo che oggi la cosa più interessante su Bruce Nauman – ci ha detto – è che fondamentalmente si interroga sulla condizione umana: in particolare su come ci sentiamo nei nostri corpi, su come facciamo esperienza del mondo, fisicamente, ma anche psicologicamente. In un certo senso – ha aggiunto Serota – Nauman non prevede il futuro, ma sa esaminare la condizione umana in un modo che improvvisamente diventa molto rilevante”. Lo spazio, la sua disciplina e i modi nei quali possiamo farne esperienza sono il punto cardine dell’esposizione e, come ha detto Andrea Lissoni, brillante curatore che ha lavorato sia in HangarBicocca sia alla Tate Modern, nella mostra possiamo imbatterci in “qualcosa di vero”.
Che assume ancora più forza grazie alla relazione con lo spazio espositivo, di cui esalta le potenzialità. “Quello che facciamo qui – ha aggiunto Todolì – è immaginare che le opere siano fatte per il nostro spazio, anche se si tratta di opere che esistevano da tempo. Ma se noi riusciamo a fare che convivano con lo spazio in un modo simbiotico ed equilibrato allora è un successo e rende ogni volta unica l’esperienza dell’opera e dell’artista. E ci sono pochi posti nel mondo nei quali poter fare una mostra così”. Una mostra che, come sempre più spesso accade, nasce dalla sinergia tra grandi istituzioni internazionali. “Il più grande vantaggio della collaborazione – ha concluso Sir Serota – è quello di avere una comprensione maggiore di quello che le opere significano. Ovviamente ci sono vantaggi logistici e risparmi economici, ma la cosa fondamentale è lo scambio delle idee”. Che quando si guarda il lavoro di Bruce Nauman, con la sua insondabile chiarezza, sono ancora più intriganti: idee che mappano il nostro stesso stare davanti a quella cosa che oggi chiamiamo arte.