I pm: “I rider non sono schiavi, assumerne 60 mila”
Sei indagati e 733 milioni di multa per carenze nella sicurezza
Non più lavoratori autonomi occasionali pagati a cottimo, ma lavoratori para subordinati con garanzie su malattia, ferie e permessi. E’ una vera e propria rivoluzione per il mondo dei rider quella avviata dalla procura di Milano. Perché sul piano pratico la magistratura milanese impone alle 4 principali società di food delivery attive sul territorio nazionale (Eats, Just Eat, Glovo e Deliveroo) ad assumere con un contratto di lavoro parasubordinato oltre 60 mila ciclo fattorini che finora erano inquadrati come autonomi occasionali e pertanto venivano pagati un tot per ciascuna consegna. “Non sono schiavi, ma cittadini che hanno bisogno di una tutela giuridica”, ha messo in chiaro il procuratore Francesco Greco. “Il loro – ha aggiunto il capo della procura milanese – è un lavoro di tipo para subordinato che prevede un complesso di diritti per i lavoratori che ai rider erano sistematicamente negati”.
Il “verbale di riqualificazione del rapporto di lavoro”, ossia l’atto che “di fatto obbliga il datore di lavoro ad applicare la normativa prevista” è stato notificato oggi alle società coinvolte che avranno 90 giorni di tempo per regolarizzare i rider. Un’iniziativa, quella della procura di Milano, che costituisce una mossa praticamente obbligata per fronteggiare un “fenomeno di illegalità palese e sotto gli occhi di tutti”, ha puntualizzato il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano. E non va dimenticato, ha aggiunto il procuratore Greco, che “i rider hanno svolto una funzione essenziale durante il lockdown, perché portavano cibo a casa della gente e perché, con il loro lavoro, hanno permesso la sopravvivenza di molte aziende della ristorazione”. Un ruolo essenziale ma privo di prospettive: “La configurazione del rapporto di lavoro nega il futuro a questi lavoratori. La maggior parte sono extracomutari regolari con permesso di soggiorno ma che non possono costruirsi una carriera adeguata”.
L’inchiesta milanese, condotta dal pm Maura Ripamonti con il coordinamento dell’aggiunto Siciliano, ha finora portato a 6 indagati per violazione della normativa sulla sicurezza e la tutela nei posti di lavoro e a sanzioni per oltre 733 milioni di euro alle società coinvolte. Iscrizioni e ammende scattate dopo le verifiche dei carabinieri del nucleo di tutela del lavoro, diretti dal colonnello Antonino Bolognani, che hanno controllato oltre 60 mila ciclo fattorini, prima a Milano e poi sull’intero territorio nazionale, portando alla luce forti carenze nella sicurezza di questi lavoratori.
In gioco, però, non ci sono soltanto la sicurezza e i diritti dei rider. I magistrati hanno infatti avviato un’indagine fiscale su Uber Eats, la filiale del colosso americano già finita al centro di un’inchiesta per caporalato che ha portato al commissariamento di Uber Italy e a 10 indagati tra cui la manager Uber Gloria Bresciani. L’obiettivo dell’iniziativa giudiziaria, ha spiegato ancora il procuratore Greco, è “verificare se sia configurabile una stabile organizzazione occulta per sottrarre a tassazione redditi prodotti in Italia”. Dai vari accertamenti finora condotti è infatti emerso “i pagamenti sono effettuanti online ma non si sa esattamente dove vengono percepiti questi pagamenti, anche se ovviamente il rapporto di lavoro dei rider è strutturato sul territorio italiano”.