Un killer senza pietà dalla doppia identità quella di Igor Vaclavic, russo ma anche Ezechiele Norberto Feher, serbo, nato a Sobotica. L’uomo da più di un mese è ricercato per l’omicidio di Davide Fabbri, barista di Budrio, e della guardia ambientale volontaria Valerio Verri. “Il primo giorno mi hanno avvertito che avremmo dovuto portare pazienza, perché si tratta di operazioni lunghe. Io non ho dubbi, ma è un concetto un po’ difficile da trasferire ai miei cittadini”. La pazienza a Molinella, nel bolognese, dura da oltre un mese. Da trentacinque giorni, per la precisione, si dà la caccia a un pluriomicida del quale sono stati disegnati i profili più vari: dall’ex militare russo al migrante senza permesso di soggiorno, dal cacciatore dell’Est al cocainomane. Nemmeno il nome è mai stato una certezza per gli investigatori che hanno cercato di mettere insieme brandelli di tracce lasciate tra l’1 e il 7 aprile: prima Igor “il russo”, poi Ezechiele, poi Norbert “il serbo”. Più di mille militari dei servizi speciali, tra Tuscania e Cacciatori di Calabria, lo cercano giorno e notte tra le campagne di Bologna, Ferrara e Ravenna, con l’ausilio di cani molecolari, elicotteri e droni. Il comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, ha preso parte ad almeno due vertici con chi guida le operazioni. Il ministro dell’Interno, Marco Minniti, anche lui in visita a Molinella, ha assicurato che “fino a quando non sarà catturato noi non ci fermeremo”. Ma il killer di Davide Fabbri e Valerio Verri ha assunto sempre più la formaà del fantasma. I primi fatti di sangue risalgono alla sera dell’1 aprile, quando una persona armata di fucile e di una pistola (risultata rubata due giorni prima ad una guardia giurata) ha fatto irruzione in un bar di Riccardina di Budrio e nel tentativo di rubare l’incasso della giornata ha freddato con un colpo il titolare Davide Fabbri e minacciato la moglie. In carabinieri si mettono sulle tracce del killer, scappato a bordo di un’auto. I Ris analizzano alcune gocce di sangue trovate sul marciapiede.
LEGITTIMA DIFESA
A Roma, in quei giorni, si parla della proposta di legge sulla legittima difesa all’esame della commissione Giustizia a Montecitorio. Intanto a Budrio politica e istituzioni locali scendono in strada assieme agli abitanti per una fiaccolata. E qualcuno invoca “vendetta e pene più severe”. “C’è un sentimento di rabbia e anche di sete di giustizia personale. Sono sentimenti comprensibili, umani – spiegava il sindaco Giulio Pierini (Pd) -. Chiediamo che la giustizia sia efficace, chiediamo quella giustizia che porta a pene certe. Ci sono delle regole da cambiare sul tema dell’autodifesa: serve una legge chiara che dia a tutti limiti chiari su quello che si può o non si può fare e quello che non si deve fare per non incorrere in ulteriori pericoli”. Una settimana dopo, il 7 aprile, sempre dopo il tramonto, avviene il primo avvistamento durante un controllo a Portomaggiore, nel ferrarese. Le due guardie ambientali di pattuglia vengono prese d’assalto dalla furia del killer che spara sei colpi di pistola mettendone a segno 5, uccidendo il volontario Valerio Verri e ferendo gravemente il collega Marco Ravaglia. L’omicida, a cui è già stato dato il nome di Igor “il Russo”, nei pressi di Molinella abbandona il Fiorino usato per la fuga con dentro alcuni oggetti personali e alcune tracce di Dna che serviranno poi ai Ris per confrontarle con quello del delitto di Budrio. Corre a piedi in mezzo alla campagna. Qui l`erba è alta anche due metri; ci sono casolari abbandonati da ogni parte; per chilometri e chilometri non si vede altro. Tre fiumi proseguono paralleli tra Ferrara, Bologna e Ravenna. Di notte le ricerche sono quasi impossibili. I militari in forza agli agenti del posto arrivano all’alba della domenica e cominciano i blocchi stradali nelle ore successive. Vengono ispezionati per una settimana intera tutti i veicoli di passaggio; i cecchini si appostano lungo gli argini; i cani molecolari fiutano ogni tanto tracce di “Igor” che si scopre essere stato in carcere, aver utilizzato diversi alias negli anni, aver chiesto il battesimo e aver partecipato alle attività promosse dai catechisti e dal cappellano.
LE INCHIESTE
Il fuggiasco – che fino a qualche ora prima ha pure aggiornato la bacheca del profilo Facebook – si scopre non essere nato in Uzbekistan ma in Serbia, di non avere 42 anni ma 36, di non chiamarsi Igor Vaclavic ma Norbert Feher. Spuntano delitti compiuti in precedenza, vecchie inchieste e anche decreti di espulsione mai eseguiti. Le due procure di Bologna e di Ferrara aprono due inchieste per la stessa persona, indagata per duplice omicidio. Nelle settimane successive si mette al lavoro anche il legale della vedova del barista di Budrio (che intanto riapre il locale col sostegno di amici e del suocero) e annuncia azioni per risarcimento danni se si riuscirà a dimostrare la responsabilità dello Stato che non è stato in grado di espellere Igor, alias Ezechiele, alias Norbert. “Stiamo valutando se ci sono gli estremi e studiando la giurisprudenza in materia – ha detto l’avvocato Giorgio Bacchelli a un quotidiano locale -. Vogliamo acquisire la documentazione di quei provvedimenti amministrativi che, comunque, andavano eseguiti. Il non averlo fatto ha contribuito a causare il danno ingiusto patito da Fabbri e disciplinato dal codice civile?”. Norbert Feher, infatti, avrebbe dovuto lasciare l’Italia nel 2010 quando il questore di Rovigo firmò un primo decreto di espulsione dopo essere stato arrestato nel 2007 per una serie di colpi in Polesine. Un secondo decreto viene firmato dopo la condanna del 2011 del tribunale di Ferrara per altre rapine. Per queste resta in carcere fino al 2015; scarcerato viene trasferito al Cie di Bari e da lì se ne perdono le tracce. Molinella e le frazioni attorno sono militarizzate da settimane. Il questore di Bologna, Ignazio Coccia, è uno dei pochi a dichiarare ai cronisti: “Stiamo continuando a lavorare. Abbiamo buoni elementi” per sostenere che il killer si trovi ancora in zona. Se fosse vero, dimostrerebbe di conoscere molto bene il territorio. C’è chi pensa che possa essere aiutato da un complice. Agli 800 militari se ne aggiungono altri 300 che continuano a ispezionare il territorio e a verificare avvistamenti, non sempre risultati veri. Delle indagini non si può conoscere altro. Nemmeno il sindaco viene informato. “Non ho motivo di dubitare dell’operato delle forze dell`ordine – spiega Dario Mantovani -. Io vengo coinvolto per quello che riguarda la sicurezza pubblica, sulle indagini non so. Noi siamo impegnati a mandare avanti i servizi comunali, diamo un contributo per la logistica, stiamo organizzato i pasti e forniamo le brande” per i militari impegnati nella caccia al killer invisibile.