Il carrozzone Rai si ribella ai tagli del governo

Gubitosi: con la spending review piano industriale insostenibile. Pronti a vendere quote di Ray Way alla Cassa depositi e prestiti

Vendere pezzi sì, razionalizzare no. Questo sembra essere il destino di Mamma Rai divisa tra una “sforbiciata” di 150 milioni imposta dalla spending review renziana e il desiderio di non rinunciare a nessuno, ma proprio a nessuno, degli infiniti pezzi del “carrozzone”. Il direttore generale dell’azienda, Luigi Gubitosi, con la relazione tenuta ieri in Commissione di Vigilanza, ha dichiarato che le misure previste dal decreto legge 66 (il famoso decretone Irpef), che coinvolgono anche la Rai, rendono “non più sostenibile” il Piano industriale 2013-2016 che era stato definito proprio dall’attuale management di Viale Mazzini. Gubitosi ha ricordato che gli obiettivi economici prevedevano nel 2013 una lieve perdita, quindi il pareggio nel 2014 e un utile nel 2015. E allo stato dell’arte “si è in linea con il piano, anzi si stava anticipando la tempistica”, tanto è vero che nel 2013 si prevedeva un -34 milioni e invece si è arrivati a +5 milioni. Il dg ha parlato di risultati ottenuti grazie a una politica di risparmi per 86 milioni a parità di ore prodotte e “a parità di merito”, senza cioè considerare l’impatto economico che deriva dagli eventi sportivi (ognuno degli anni pari finisce con il pesare molto, tra Olimpiadi estive ed invernali, oppure con Europei e Mondiali di calcio). Anche il mercato pubblicitario ha avuto i suoi effetti sui conti Rai: nel 2013 è stato caratterizzato da una caduta di 12 punti, e Rai Pubblicità, dopo il cambio di management, ha precisato Gubitosi, ha aumentato la quota di mercato con ricavi per 682 milioni.

E allora il mancato introito di 150 milioni “non può essere tamponato senza impattare in modo negativo sulla gestione aziendale. Quindi intervenire sul perimetro del gruppo Rai”. Insomma, tagli al personale e prepensionamenti. Per il momento si possono solo vendere di “pezzi” per fare cassa. Sulla collocazione sul mercato di quote minoritarie di Rai Way, la società che possiede e gestisce gli impianti di trasmissione, “non sappiamo quale sarà la valutazione di mercato, si richiede un gran lavoro, con l’approvazione del cda e del ministero azionista, ma siamo confidenti che si possa fare”, ha detto Gubitosi. Tra gli acquirenti possibili ovviamente Mediaset, ma c’è anche chi parla di Cassa depositi e prestiti. “Chiaramente – ha aggiunto – se i mercati cambieranno o le valutazioni non saranno opportune, penseremo a misure alternative, che al momento però mi sfuggono”.
“Con riferimento all’avvio dell’iter propedeutico per la quotazione di Rai Way – ha aggiunto il dg Rai – è stata selezionata la società Leonardo & Co come advisor finanziario del progetto a seguito di procedura selettiva rivolta a 5 operatori” (oltre a Leonardo & Co, Lazard, Rothschild, Societe Generale ed Equita Sim).
Il presidente della commissione di vigilanza Rai, Roberto Fico (MoVimento Cinque stelle), al termine dell’audizione ha detto che le preoccupazioni per la vendita di quote minoritarie di Rai Way “restano tutte”. “Non può essere fatta una vendita a metà anno senza una visione più ampia. Per quale motivo, perché? La cessione in parte di Rai Way non era stata considerata nella visione di Gubitosi né del cda”. E ancora: “Ora dovete vendere per fare cassa, e in questo caso accade che ne beneficino i compratori perché la Rai ha il fiato sul collo. Se siamo tutti d’accordo su un asset strategico così importante, quando le prime 10 aziende al mondo sono quelle tlc è chiaro – ha concluso il presidente della Vigilanza – che anche una quota minoritaria in altre mani produce certi effetti. Perché non cercare un altro tipo di operazione?”. E le preoccupazioni sulla vendita, ora, di quote Ray Way erano state già espresse, in Commissione ottava, dal senatore di Liguria Civica e imprenditore televisivo, Maurizio Rossi: “La sacrosanta esigenza sbandierata dal Pd in campagna elettorale di ottimizzare i costi non deve essere piaciuta al “Partito della Rai” che ha votato, compreso tutto il Pd, contro il testo uscito dal Consiglio dei ministri del presidente Renzi”.

Per Salvatore Margiotta (Pd), uno dei vicepresidenti della Commissione di Vigilanza Rai, è necessario “rivedere le modalità di riscossione del canone e riorganizzare l’offerta dell’informazione giornalistica, oggi eccessivamente parcellizzata. Sono due esempi della possibilità di ottenere maggiori risorse e maggiore efficienza, senza diminuire la qualità del servizio pubblico”. Intanto il “Partito della Rai” si prepara alla guerra: il cda di Viale Mazzini deciderà nella prossima riunione del 12 giugno se impugnare o meno il decreto Irpef varato dal governo che impone alla tv pubblica il taglio da 150 milioni. E il sindacato Ugl è già certo di ricorrere agli stumenti legali contro il decreto, per quanto concerne la sua ricaduta sulla Rai, come annuncia il segretario nazionale del Sindacato Ugl Telecomunicazioni-Rai, Fabrizio Tosini.
Per Maurizio Gasparri, ex ministro delle Comunicazioni, “è un grave errore privare la tv pubblica di 150 milioni di euro senza alcuna indicazione strategica. Il governo vuole che la Rai giustamente si inoltri di più nei sentieri dell’innovazione tecnologica per farla diventare una vera e propria media company? Vincoli allora l’uso di una parte dei soldi del canone, ad esempio 150 milioni di euro, a investimenti in questa direzione. Tagli senza strategie sono invece un modo miope di affrontare la situazione”.