Il gesuita Sorge: dalla lupara mafiosa nasce la spiga Mattarella
“Mi mancava solo l’elezione del Presidente della Repubblica per chiudere l’articolo, è stata la ciliegina sulla torta…”. Bartolomeo Sorge, gesuita come Papa Francesco, è stato direttore della Civiltà cattolica negli anni ottanta, acerrimo nemico degli integralisti cattolici, fautore di un rinnovamento della Democrazia cristiana, prima di lasciare (obtorto collo) Roma e approdare a Palermo, dove, dal 1986 al 1996, diresse l’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe, laboratorio della Rete di Leoluca Orlando e della “primavera di Palermo”. Oggi, 85 anni portati con lucidità, vive a Milano, dove scrive per l’altra rivista dei gesuiti, che pure ha diretto dal 1998 al 2004, Aggiornamenti sociali. Ha appena mandato alle stampe l’articolo “Renzi, il PD e l’Italia: alle radici di un progetto”. E, al telefono con Askanews, rievoca quegli anni “terribili”: “Arrivai dopo l’uccisione di Piersanti Mattarella e del generale Dalla Chiesa, la mafia attaccava lo Stato”.
Nacque presto l’amicizia con Sergio Mattarella, ora Presidente della Repubblica. “Persona sobria, politico di grande valore, uno che non si metteva in mostra”, rievoca padre Sorge, rivelando che “anche nella primavera di Palermo appariva poco, spiccavano Orlando, noi gesuiti, ma l’intervento politico decisivo è stato il suo. Si trattava di varare il ‘governo anomalo’ senza i socialisti e con l’appoggio dei comunisti – racconta il gesuita – e sarebbe stata una rottura rispetto alla coalizione nazionale. Da Roma dicevano: così ci create un guaio. Mattarella argomentava con tranquillità le nostre ragioni per far capire che la situazione di Palermo era drammatica e unica e bisognava pertanto trovare strade nuove. All’ultimo momento, quando bisognava presentare le liste, è stato Mattarella a dare le garanzie al partito, in una telefonata con Roma, mi pare che dall’altra parte del telefono ci fosse De Mita… Alla fine da Roma dissero: voi siete lì, conoscete la situazione, andate avanti ma non create problemi. E nacque la giunta anomala per il bene della città e della legalità. Mattarella è così: discreto, sa convincere, ha un forte spessore morale, non si scalda. E’ quello che ci vuole per fare il Presidente”.
Chi parla di rinascita della Democrazia cristiana, afferma senza esitazione padre Sorge, compie una “miopia politica”: la Dc “è morta, decapitata da tangentopoli, è stato un grande partito e la storia sarà più equanime ma non poteva esserci una morte più definitiva. Quello che invece rimane viva è l’ispirazione di Sturzo, De Gasperi e Moro: il popolarismo, che prefigura il bipolarismo e una democrazia matura. La Dc appartiene ad un periodo ideologico finito con il crollo del muro di Berlino, oggi non può più esistere. E quando Matteo Renzi parla di ‘partito della nazione’ mostra di avere le stesse radici politiche e la stessa prospettiva. E’ quello che ho scritto nell’ultimo numero di Aggiornamenti sociali. Mi mancava solo l’elezione del Presidente della Repubblica per chiudere l’articolo, è stata la ciliegina sulla torta…”. Il premier-segretario del Pd non è dunque quel “royal baby” destinato, secondo Giuliano Ferrara, a essere erede di Silvio Berlusconi? “Sono solo ragionamenti giornalistici…”. Padre Sorge mette in luce il fatto che Sergio Mattarella si sia formato, culturalmente e umanamente, negli anni del Concilio vaticano II.
Con la sua elezione va definitivamente in pensione il ruinismo, inteso come interventismo politico del cardinale presidente della Cei Camillo Ruini? “Certamente, ma dopo il Concilio era già stato superato quello che sarebbe venuto dopo…”, aggiunge ridendo. E anche la “consonanza” con Papa Francesco è scontata: “Ognuno al suo posto, uno Papa l’altro Presidente: Mattarella è un cristiano conciliare, rispettoso della laicità dello Stato, come De Gasperi e Moro. Con la sua elezione non si torna indietro, ma c’è continuità con il filone più vivo dell’intuzione sturziana per una democrazia matura”.L’elezione di Sergio Mattarella al Colle, infine, ha un altro risvolto: “E’ la prima volta che un siciliano è eletto presidente della Repubblica. La Sicilia non è più un’isola. Un’isola dove c’è la criminalità organizzata ma anche risorse enormi. Oggi ci sono due siciliani ai massimi vertici dello Stato”, il nuovo Capo dello Stato e il presidente del Senato Pietro Grasso. “Può essere un motivo di risurrezione per la Sicilia”. Padre Sorge non prende sul serio le ombre evocate da alcuni nel corso degli anni sul padre di Mattarella, Bernardo. E sull’omicidio del fratello Piersanti, fa riferimento all’immagine evangelica del chicco di grano che muore: “Sembra finito, e invece viene fuori lo stelo, la spiga e poi ottimo grano. La mafia vorrebbe silenziare a colpi di lupara, invece crea vita nuova, come avvenuto con don Puglisi. Piersanti Mattarella è morto servendo e Sergio Mattarella è entrato in politica quando è morto il fratello. Vedendolo Presidente della Repubblica penso che è la spiga di buon grano”.