Il lungo tramonto sui beni culturali in Sicilia. A quando l’alba?
Potrebbero riportare la Sicilia al centro del mondo. Ma così non è. Come potrebbero rimettere in moto l’occupazione e l’intera economia siciliana, per non parlare di quella locale che sembra non dare segnali di vita. Ma così, purtroppo, non è. Invece, da decenni continuano a manifestare sempre più segni di abbandono, in certi casi di degrado, frutto di una politica molto spesso assente e non in grado di mettere in campo reali strategie di sviluppo. Non c’è legislatura che tenga. Parliamo dei beni culturali in Sicilia. Ovvero di 117 siti, tra monumenti, musei e aree archeologiche che l’Isola detiene. Per meglio capirci, il 26,4 per cento del patrimonio culturale nazionale, il che farebbe pensare a incassi stratosferici. Purtroppo, così non è. Impietose le cifre. Non solo questo unico patrimonio che ci invidia tutto il mondo attrae soltanto il 9.2 % di visitatori in rapporto alle cifre nazionali, ma incassa solo il 10,6 % del totale introiti che si registrano oltre lo Stretto. Qualche cifra. In dodici anni, l’incasso s’è incrementato soltanto di 5,3 milioni, ovvero circa 448 mila euro all’anno. Il che vuol dire, mediamente, 4 mila euro l’anno per ciascuno sito. Sono gli ultimi dati ufficiali pubblicati e che si riferiscono al periodo 2000-2012. Cifre note a tutti, politica compresa. Prendiamo in considerazione alcuni siti di grande rilevanza. Nel 2012 tutti segnano un calo di visite e incassi, rispetto all’anno precedente. La Valle dei Templi di Agrigento: – 23.500 persone, con una riduzione degli introiti di biglietteria di 170.346 euro; Teatro antico di Taormina: – 39.293 visitatori con un mancato incasso pari a 368.253 euro; Duomo di Monreale: – 8.179 visitatori, meno 64.097 euro; Parco archeologico di Selinunte: – 15.049 persone con un mancato fatturato di 72.542 euro.
Tutti i siti di grande rilevanza, nel 2012, segnano un calo di visite e incassi, rispetto all’anno precedente.
Gli ultimi dati disponibili per la Sicilia, fra l’altro, parlano di una spesa per cultura e ricreazione delle famiglie che si attesta al 5,8 per cento sulla spesa totale, ben al di sotto della media nazionale pari al 7,1 per cento. Per quanto riguarda la fruizione culturale, invece, la Sicilia risulta quarta tra le regioni italiane i cui siti culturali sono più visitati, dopo Lazio, Campania e Toscana con 3,7 milioni di ingressi e 13,5 milioni di euro di incassi. Numeri che sono proporzionalmente lontani dalle performance potenziali, se si pensa che la sola Pompei, in un anno, registra 2,5 milioni di visite e circa 17 milioni di introiti. In altri termini, il tessuto culturale nell’Isola, appare una risorsa economica non adeguatamente valorizzata. Oltre ad una mancanza di progetti per il rilancio, spesso fa da zavorra anche un apparato burocratico che in certi casi non apre le strade della valorizzazione. Serve cambiare rotta. Sono trascorsi quarant’anni, da quando i Beni culturali sono passati dallo Stato alla Regione. E non c’è traccia di un’adeguata formazione per il personale e di una totale riorganizzazione del comparto stesso. Ci sono siti che incassano cifre irrisorie e che se fossero in mano ai privati, avrebbero già chiuso battenti. Alcuni esempi: il museo di Centuripe ha fatto registrare incassi, in un anno, di 1.360 euro, avendo venti custodi in servizio; il museo di Santa Venera al Pozzo (Catania) 173 euro, con una media di 2 visitatori al giorno. Quello di Lentini ha attratto in un anno 131 persone, che hanno pagato in tutto 386 euro. In Sicilia la cultura impiega 60 mila persone e crea valore aggiunto per 2,4 miliardi di euro, quisquilie se paragonati alla Lombardia, che impiega 290mila lavoratori e produce ricavi per quasi 19 miliardi. Eppure, in ambito locale, qualcosa si comincia a muoversi. Sta per prendere corpo il cosiddetto sistema del Sudest per la valorizzazione e la fruizione dei beni culturali. I primi cittadini di Catania, Ragusa e Siracusa, tra gli altri, hanno incontrato a Roma il ministro per la Coesione territoriale, Carlo Trigilia. Obiettivo: realizzare un percorso integrato per la fruizione del patrimonio culturale e artistico di questo vasto territorio. Adesso tocca alla Regione. Stessa musica sembra suonare nel settore turistico. Ma questo è un altro capitolo.
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