Il Massimo di Palermo riapre con Lucia di Lammermoor

Il Massimo di Palermo riapre con Lucia di Lammermoor
Teatro Massimo di Palermo
21 maggio 2021

La voce trattiene l’entusiasmo, una gioia a stento controllata. Non si tratta della solita intervista telefonica. L’atmosfera, anche se da un capo all’altro della linea, sembra quasi rarefatta. Con Francesco Giambrone, sovrintendente della Fondazione Teatro Massimo di Palermo, l’ultima volta che ci siamo incontrati in presenza è stato sette mesi fa, in occasione di una Manon contingentata dagli obblighi e dal rispetto delle regole sanitarie: mascherine, misurazione della temperatura all’entrata, le poltrone di platea rimosse. Ma il successo aveva arriso a questa produzione semiscenica dell’opera di Puccini e sull’onda della da poco conclusa stagione estiva si tornava a sperare in una ripresa nella normalità. La realtà è però stata un’altra. La chiusura. Il coprifuoco. Un costante e continuo martellare di numeri in rialzo che cancellava quel sorriso fiducioso apparso nell’entrare di nuovo nella grande sala del Teatro Massimo.

Un sorriso che però è riapparso, non lo vedo sul volto di Giambrone, ma lo percepisco dalla sua voce mentre quasi stupefatto racconta della lunga fila di persone che hanno animato la giornata di lunedì, all’apertura del botteghino e delle visite guidate al Teatro. “Non me l’aspettavo – dice – Non credevo che questo potesse accadere già dal primo giorno di Zona Gialla”. “Pensavo sarebbe stato tutto un po’ più lento – continua – un interesse sì ma con un po’ più di calma”. Invece il desiderio di ripresa era tale da portare gli “aficionados dell’opera, e non solo, a porsi in fila, e poi mostrare sorridenti il biglietto per la Lucia di Lammermoor che andrà in scena sabato sera.

Francesco Giambrone

“Siamo mancati – afferma Giambrone – Come il pubblico è mancato a noi in questi mesi, anche il Teatro è mancato al pubblico”. “E questo – continua – è una bellissima cosa, perché capisci che hai ragione quando dici che il teatro, gli eventi culturali sono necessari”. E la soddisfazione è tanta nel rendersi conto di ciò. “Può sembrare retorico – riprende – affermare, da parte di un operatore culturale, che il è necessario il teatro, che non è una opzione, o un di più, ma è necessario! E non è retorica questa. E lo dimostrano quelle persone in fila, alle 9.00, il primo giorno di apertura del botteghino. quelle persone ti fanno capire che è giusto riaprire subito, e che è giusto non chiudere più perchè serviamo, serviamo a qualcosa”.

Sì, il teatro serve! Servono gli artisti che lo animano, servono tutte quelle persone che da dietro ne organizzano, programmano, costruiscono la storia e il futuro. “E’ stato bello – continua il Sovrintendente – vedere i social animati di video foto, ashtag con il Massimo sul fondo e il biglietto appena acquistato in primo piano, leggere i commenti “Ripartiamo”, “Ci Siamo”: un’onda di entusiasmo che non credevo possibile”. Eppure doveva forse aspettarselo, se si guarda al numero di spettatori che in questi mesi hanno seguito le dirette streaming di opere, concerti e balletti che il TEatro Massimo non ha mancato di produrre, per essere sempre vicino al suo pubblico anche se attraverso lo schermo di un pc, telefonino o TV.

“Trecentomila spettatori! Un numero impensabile da avere in teatro dal vivo. Sì – ammette Giambrone – questi dati avrebbero dovuto portarmi a pensare che la riapertura sarebbe stata salutata con grande entusiasmo, lo stesso dimostrato in questi mesi”. La programmazione in Streaming ha quindi permesso al Teatro di non essere impreparato e avere un titolo pronto. “Esattamente – dice Giambrone – Abbiamo solo dovuto spostare quanto già previsto di trasmettere via web sul palco. Ovviamente alcune questioni sono state ripensate, non è stato così semplice, ma il fatto che la macchina produttiva non si fosse mai fermata in questi mesi ha permesso di organizzare uno spettacolo live nel giro di appena 5 giorni. Se ci fossimo fermati, questo non sarebbe stato possibile”.

Quindi lo Streaming, l’opera via web, da molti visto in questi mesi come una sorta di mortificazione dell’arte operistica, ma di tutto lo spettacolo dal vivo, ha in realtà salvato la riapertura del Massimo. “Ha aiutato, sicuramente. Questi mesi – spiega il Sovrintendente – sono serviti a non perdere quegli standard qualitativi che altrimenti avremmo perso fermandoci. La programmazione in streaming ha dato l’opportunità di lavorare con grandi maestri, come Wellber, Ferro, Gatti, lo stesso Muti. Abbiamo mantenuto – continua Giambrone – ed uso una metafora sportiva che mi piace e non mi piace – dice quasi sorridendo – ma rende, una condizione di allenamento, di training, delle nostre compagini artistiche, altissimo, che ci consente di aprire in così breve tempo, con lo standard di qualità proprio del Teatro Massimo”.

Quanto allo Streaming in se “Noi lo abbiamo sempre considerato come uno strumento importante, non banalmente aggiuntivo – spiega ancora Giambrone – e per questo nel 2015 abbiamo fatto una scelta che ha portato alla creazione della WebTv e una serie di investimenti importanti sull’apparato visivo di registrazione e fonico. La pandemia ci ha quindi trovati non propriamente impreparati. Metterei quindi da parte questo dibattito tutto italiano. Tutto Italiano – riprende critico Giambrone – perchè si fissa sulla polarizzazione su due estremi, e questa è una condizione tipica dell’Italia del nostro Paese”.

C’è da chiedersi perché. “Perché? Perché noi abbiamo sempre fatto così: tutela e valorizzazione del bene culturale. Solo che per tutela, gli italiani intendono negazione e per valorizzazione, sfruttamento. Ora è mai possibile – si chiede Giambrone accalorandosi – che dobbiamo vedere le cose o ad un estremo, o ad un altro, senza comprendere che il punto di vista intelligente è il punto di vista mediano? Perchè non può esserci tutela senza valorizzazione e valorizzazione senza tutela. La questione sul Digitale è posta sullo stesso piano: spettacolo dal vivo e spettacolo sul web, con alcuni teatranti che ti dicono ‘Mai farò qualcosa per la televisione’ ed altri invece che pensano che senza digitale e televisione è l’unica salvezza”.

E dire che la Rai ha avviato le sue prime registrazioni proponendo l’opera in TV divenendo così il mezzo di maggiore divulgazione. “Esattamente. Ora non solo il digitale è stato nostro alleato nella Pandemia ma lo può essere anche per il futuro. E testimonianza sono quei 300 mila spettatori che ci hanno seguito sulla WebTv del Massimo, senza le piattaforme, in questi 7 mesi. In un anno di presenze live io invece posso contare su 130/140 mila spettatori. In sei mesi e mezzo invece cosi ho totalizzato un sold out di due anni”. Un sold out che sicuramente ci si aspetta anche per questa messa in scena di Lucia di Lammermoor sabato, per la richiesta di queste ore e per il numero esiguo cmq di posti a disposizione, solo 500.

“Non è molto, ma sempre meglio dei 200 obbligatori sino allo scorso ottobre – dice Giambrone – questo però ci ha consentito di poter mettere alcune poltrone, 40, in platea. Riaprire, ma in sicurezza. E’ un dictat, ma speriamo che presto i numeri aumenteranno”. E in attesa si pensa alla Stagione la Teatro di Verdura. “Sì certamente. Già ci siamo: due opere – Giambrone preferisce ancora mantenersi sul vago – un balletto, quattro/cinque concerti, tutto dal 4 luglio al 10 agosto”. E a settembre di nuovo al Massimo, “con Wellber e la ripresa della Carmen di Bizet”.

L’ultima frase è di speranza anche se un po’ velata dall’incertezza. Incrociamo le dita e intanto prepariamoci a questa donizettiana Lucia di Lammermoor che sabato va in scena con un cast che vede Sara Blanch (Lucia), per la prima volta al Teatro Massimo. A sostenerla dal podio Roberto Abbado che dirigerà l’Orchestra del Massimo. Al suo fianco due interpreti del repertorio belcantistico, il tenore Celso Albelo (Edgardo di Ravenswood), che torna a Palermo dopo I puritani di Bellini di tre anni fa, e Michele Pertusi (Raimondo Bidebent), che qualche mese fa sempre al Teatro Massimo è stato Silva per l’Ernani di Verdi in streaming (ancora disponibile sul canale YouTube del Teatro). Un ritorno a Palermo anche per il baritono Ernesto Petti (Lord Enrico Ashton), che nella scorsa stagione estiva era stato Alfio in Cavalleria rusticana al Teatro di Verdura con Roberto Alagna e Aleksandra Kurzak. Con loro David Astorga (Arturo), Matteo Mezzaro (Normanno) Natalia Gavrilan (Alisa). Alla Glass harmonica Sascha Reckert. La mise en espace è di Ludovico Rajata, i costumi di William Orlandi che con Rajata cura anche il progetto visivo; l’animazione digitale di Fabiola Nicolettile luci di Fiammetta Baldiserri. Maestro del Coro, Ciro Visco.

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