La neutralità dell’Ucraina sarebbe al centro dei negoziati tra le delegazioni di Mosca e Kiev per porre fine all’offensiva militare della Russia e potrebbe fornire una prima base di “compromesso” tra le parti in vista di un accordo per la fine delle ostilità. Il condizionale è però d’obbligo, perché se da Mosca arrivano importanti e autorevoli conferme, lo stesso non può dirsi di Kiev che, invece, smentisce categoricamente questa ipotesi. “Lo status neutrale” dell’Ucraina “è oggetto di discussioni serie ed è in connessione con le garanzie di sicurezza” richieste dalla Federazione russa, ha affermato oggi Sergey Lavrov in un’intervista al media russo RBK. “Questo è ciò che si sta discutendo attualmente durante i negoziati, ci sono formule molto concrete che ritengo vicine a un accordo”, ha aggiunto, pur rilevando che i colloqui “non sono facili”.
Una tesi che è stata confermata anche dal capo negoziatore della parte russa, Vladimir Medinsky, che ha parlato di negoziati “lenti e difficili”. Il Cremlino vuole “raggiungere la pace il più rapidamente possibile”, ha insistito, precisando poi che si sta trattando su un’Ucraina “neutrale”, sul modello di Austria e Svezia. “Questa è un’opzione di cui si sta davvero discutendo ora e che può essere considerata una specie compromesso”, ha poi rincarato il portavoce della presidenza russa, Dmitry Peskov. Una versione che però non combacia con quella di Kiev. L’Ucraina boccia l’idea di un modello austriaco o svedese di neutralità per il Paese. La presidenza ucraina ha rifiutato questa ipotesi, hanno fatto sapere le autorità locali. “Siamo in guerra, l’unico modello possibile è ucraino”, ha spiegato il consigliere della presidenza, Mykhailo Podolyak.
LA NEUTRALIA’ AUSTRIACA: PERCHE’ NACQUE “LA SECONDA SVIZZERA”
Alla fine della Seconda guerra mondiale, con la sconfitta di Germania e Austra, Vienna aveva davanti a sé cinque strade possibili: diventare una democrazia popolare dominata dall’Unione sovietica; entrare nella Nato; sottoporsi a una divisione tra Ovest ed Est; accettare un’occupazione permanente; dichiarare una neutralità perpetua. A prevalere fu quest’ultima opzione, l’unica realisticamente praticabile. La dichiarazione della neutralità perpetua fu così sancita con la Costituzione del 1955 e trasformò l’Austria in una sorta di Stato cuscinetto tra l’Europa dell’Est e l’Occidente. La decisione fu accettata anche da Mosca, che di conseguenza ritirò le sue truppe e chiese in cambio concessioni economiche e garanzie da parte di Vienna. Una su tutte: la non adesione a un’alleanza militare.
IL MODELLO AUSTRIA: POSSIBILE VIA DI USCITA DALLA GUERRA
A quasi 70 anni dalla dichiarazione di neutralità di Vienna, il modello Austria potrebbe rappresentare adesso una via di uscita per il presidente Volodymyr Zelensky e l’intera Ucraina dall’aggressione russa. Anche se con qualche distinguo rispetto a questo precedente storico. E le differenze consisterebbero tutte in una serie di condizioni poste da Mosca ed eventualmente accettate da Kiev: oltre alla rinuncia all’ingresso nella Nato, già messa in conto da Zelensky, almeno a giudicare da alcune delle sue più recenti dichiarazioni, anche la cessione del Donbass e della Crimea, e un eventuale rallentamento della corsa verso l’adesione all’Unione europea. Su questi ultimi due punti, però, le parti appaiono ancora troppo distanti per potere ipotizzare un accordo a breve.
IL MODELLO UCRAINO: L’UNICO POSSIBILE PER KIEV…PER ORA
Non è un caso, che il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Mykhailo Podolyak, si è affrettato a precisare che il “modello di neutralità svedese o austriaco” non può essere all’ordine del giorno. Su Telegram, Podolyak ha scritto che il punto attuale di partenza è che “l’Ucraina è adesso in uno stato di guerra diretta con la Russia”: “pertanto, il modello può essere solo ucraino e solo su garanzie di sicurezza verificate legalmente. E nessun altro modello o opzione” può essere preso in considerazione. Podolyak ha anche spiegato che questo modello ucraino prevede “garanzie di sicurezza assoluta” in cui “i firmatari delle garanzie non si facciano da parte in caso di attacco all’Ucraina, come oggi. Ma partecipano attivamente al conflitto a fianco dell’Ucraina e assicurano ufficialmente forniture immediate della quantità necessaria di armi”.
IL COMPROMESSO? APPLICAZIONE ESTENSIVA DEL MODELLO AUSTRIA
Gli ucraini potrebbero così puntare a “un’applicazione estensiva” del “modello Austria”. Associazione alla Nato, senza diventarne membro; proseguimento del percorso verso l’Unione europea, con tempi e procedure che non prevedono forzature; rinuncia ad armamenti stranieri sul proprio territorio, che siano percepiti come una minaccia dalla Russia, ma possibilità di avere un proprio esercito e una propria flotta. Eventualità e scenari che però dovrebbero essere sottoposte ad alcune condizioni. La comunità internazionale dovrebbe infatti essere garante della piena sovranità dell’Ucraina. E vincoli e condizioni dovrebbero poi essere pienamente accettati da Mosca. Tra questi, il riconoscimento della sovranità dello Stato, con Kiev capitale, e lo sbocco sul mare.
LA QUARTA VIA: L’OPZIONE FINLANDESE, MA E’ INVISA AL CREMLINO
Un’eventuale scelta della “via finlandese” come ipotisi di uscita dalla crisi non è invece ben vista dal leader del Cremlino. E non è difficile comprenderne le ragioni. La Finlandia, infatti, ha sì scelto la neutralità durante la Guerra Fredda, ma non ha mai deciso di metterla nero su bianco, emanando una legge apposita. Una decisione che lascia al Paese la libertà di aderire un giorno a qualsiasi alleanza, compresa la Nato. Una strada che, semmai dovesse realizzarsi, sarebbe totalmente inaccettabile per Mosca. Tanto più, che la Federazione russa già oggi non vede di buon occhio la partecipazione di Finlandia e Svezia ai vertici dell’Alleanza atlantica come Paesi osservatori. Tra l’altro, proprio nelle ultime settimane a Helsinki è in corso una profonda riflessione legata all’aggressività di Vladimir Putin. E il quadro storico mutato potrebbe condurre il governo finlandese ad abbandonare lo status di Paese neutrale e ad entrare nella Nato. askanews