Il Partito Democratico ha paura del voto. E ora pensa al rinvio

di Maurizio Balistreri

Luigi Zanda, uomo prudente e non avvezzo a uscite kamikaze, la spiega così: “Il governo ha il dovere di tutelare la sicurezza e la serenità della vita quotidiana dei romani e delle masse di fedeli che arriveranno a Roma”. Invece, “tenere la campagna elettorale per mesi in contemporanea al pellegrinaggio di milioni di fedeli esporrebbe Roma a pericoli molto seri”. Ergo, meglio rinviare il voto a dopo il Giubileo. Dopo il dilemma primarie sì primarie no, tutto interno al Pd, ecco un’altro dubbio che s’affaccia al Nazareno: votare a Roma nell’election day di primavera o far slittare tutto a dopo il Giubileo?  Di certo la sortita di Zanda ha dato il là ad una ridda di dichiarazioni delle opposizioni tutte sul tema “Il Pd ha paura del voto”. Argomento non piacevole da subire ma certo, spiegano fonti parlamentari, “avere più tempo sicuramente aiuterebbe nella rimonta, nella individuazione della candidatura giusta e nella composizione delle varie anime del Pd romano”. Altra certezza la chiusura netta nei confronti di Ignazio Marino e della sua “verifica”: ancora ieri Matteo Orfini ha attaccato duramente il sindaco dimissionario, non lasciando alcuno spazio ai tentativi di prolungare la sua esperienza. Anche contro le migliaia di firme che continuano ad arrivare a sostegno di Marino. Ma ormai quel dado è tratto. A sigillare le dimissioni lo stesso Marino: “effettive e irrevocabili nell’arco dei venti giorni successivi”.

A questo punto resta da decidere tutto il resto: il commissario che dovrà reggere la città nei prossimi mesi, il candidato e lo strumento per sceglierlo. E soprattutto quando andare al voto. Quattro partite incrociate, che dunque formano una trama molto complicata. Bisogna dirlo, il Pd ci ha provato in tutti i modi a salvare Marino. Ma alla fine, di fronte all’evidenza, si è dovuto arrendere. Il punto, però, è che la difesa ad oltranza del sindaco-chirurgo non nasceva dalla convinzione che, proseguendo la legislatura, la Capitale avrebbe beneficiato della sua ottima amministrazione. Piuttosto i Democratici avevano paura di unire Roma al resto di comuni che andranno al voto il prossimo anno. Il perché è semplice. In difficoltà a Milano dove non hanno ancora trovato un candidato, in difficoltà a Napoli dove dopo Luigi De Magistris difficilmente il centrosinistra riuscirà a vincere, Matteo Renzi e i suoi temono un effetto domino. E perdere in un sol colpo Milano, Napoli e Roma non sarebbe certo un bello spot per il governo. Così si è tentato, invano, di evitare questa sciagurata ipotesi. Ma non è ancora detto. I Dem sono infatti pronti a giocare la loro carta della disperazione: il rinvio.

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