Il ritorno degli ostaggi israeliani: tra sollievo, dolore e incertezze sul futuro

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Tre cittadini israeliani con doppia cittadinanza hanno finalmente riabbracciato le loro famiglie dopo essere stati rilasciati da Hamas nell’ambito di un accordo per il rilascio degli ostaggi con Israele. Sacha Trupanov, Sagui Dekel-Chen e Yair Horn, rispettivamente di 29, 36 e 46 anni, sono stati liberati dopo una lunga e traumatica prigionia durata 498 giorni. Il loro rilascio, avvenuto a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, è stato accompagnato da una cerimonia organizzata da Hamas, che ha attirato l’attenzione internazionale per la sua teatralità e il suo evidente scopo propagandistico.

La liberazione

I tre ostaggi sono stati portati su un palco allestito tra le rovine di Khan Younis, circondati da militanti armati e da una folla festante. La cerimonia, trasmessa su canali come Al Jazeera, ha mostrato i tre uomini parlare brevemente al microfono, con musiche nazionaliste palestinesi in sottofondo. La scena era decorata con bandiere di Hamas e della Jihad islamica palestinese, mentre alcuni miliziani ostentavano uniformi e armi sottratte alle Forze di Difesa Israeliane (IDF). Yair Horn, uno degli ostaggi, ha rivolto un pensiero al fratello Eitan, ancora prigioniero a Gaza, dicendo: “Bisogna riportarli tutti a casa”.

Dopo la cerimonia, i tre uomini sono stati consegnati alla Croce Rossa, che ha firmato il certificato di rilascio e li ha accompagnati fino al confine con Israele, dove sono stati accolti dalle IDF. Da lì, sono stati trasferiti in elicottero agli ospedali del centro di Israele per ricevere cure mediche e riunirsi con i propri cari.

Un ritorno tra la gioia e il dolore

Le immagini del ritorno degli ostaggi hanno commosso il Paese, ma hanno anche portato alla luce il peso delle sofferenze subite dalle famiglie. Sacha Trupanov, ferito alle gambe durante il rapimento, ha scoperto solo dopo il suo rilascio che suo padre Vitaly è stato ucciso nel massacro al kibbutz Nir Oz del 7 ottobre 2023, dove erano stati rapiti anche gli altri due ostaggi. Sagui Dekel-Chen, nel frattempo, ha potuto riabbracciare le sue tre figlie, una delle quali è nata mentre era ancora prigioniero, un momento che non ha potuto vivere.

Yair Horn, smagrito e stanco, ha lasciato dietro di sé il fratello Eitan, ancora trattenuto a Gaza, e con lui il dolore per una famiglia ancora separata. Le famiglie degli ostaggi liberati hanno espresso sollievo e gratitudine, ma hanno anche ricordato il dramma di chi resta prigioniero. “Il nostro Yair è finalmente a casa, ma non possiamo davvero respirare finché Eitan non sarà liberato”, ha dichiarato la famiglia Horn.

In cambio dei tre ostaggi israeliani, Israele ha rilasciato 369 prigionieri palestinesi, tra cui 36 detenuti condannati per attentati gravi durante la seconda intifada (2000-2005). Tra questi, Ahmed Barghouti, cugino del leader di Fatah Marwan Barghouti, sarà esiliato attraverso l’Egitto, mentre altri 333 sono tornati a Gaza. Questo scambio, parte di un accordo di tregua tra Israele e Hamas, ha sollevato non poche critiche in Israele, dove molti temono che il rilascio di detenuti “con le mani sporche di sangue” possa alimentare nuove ondate di violenza.

Un bilancio drammatico

Delle 251 persone prese in ostaggio da Hamas il 7 ottobre 2023, 73 sono ancora trattenute a Gaza, di cui almeno 35 sono state dichiarate morte. Finora, 19 ostaggi israeliani e 5 thailandesi sono stati liberati, mentre altre 14 persone rimangono in attesa di essere liberate entro il termine dell’accordo, previsto per la prima fase. Tuttavia, il bilancio umano del kibbutz Nir Oz è straziante: oltre un quarto della popolazione è stato ucciso o rapito durante l’attacco del 7 ottobre, con 117 vittime tra morti e rapiti.

Il rilascio degli ostaggi è avvenuto in un contesto di intensa pressione diplomatica. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ribadito il suo ultimatum ad Hamas per il rilascio di tutti gli ostaggi, dichiarando che gli Stati Uniti sosterranno qualsiasi decisione presa da Israele. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, pur mantenendo una posizione cauta, ha sottolineato che Israele sta lavorando in piena coordinazione con gli Stati Uniti per liberare tutti gli ostaggi, vivi o caduti.

Tuttavia, la tregua appare fragile. Gli analisti prevedono un’alta probabilità che i combattimenti riprendano presto nella Striscia di Gaza, a meno che non si giunga a un accordo definitivo o che la leadership di Hamas non scelga l’esilio. Israele sembra determinata a liberare quanti più ostaggi possibili prima di un’eventuale ripresa delle ostilità, ma l’incertezza regna sovrana.

Mentre le famiglie festeggiano il ritorno dei propri cari, la consapevolezza delle perdite subite e delle incertezze future rende questo momento un misto di gioia e tristezza. Come ha dichiarato una delle famiglie: “Oggi è un giorno di sollievo, ma non possiamo fermarci. Ci sono ancora persone che aspettano di tornare a casa, e non ci fermeremo finché non saranno tutti liberi”.