di Alberto Di Majo
Avevano stabilito che prima di prendere le prossime rate del finanziamento pubblico, i partiti avrebbero dovuto sottoporre i propri bilanci a una specifica Commissione. Quest’ultima avrebbe dovuto verificare entrate, uscite e statuti dei movimenti e dare il via libera al trasferimento di fondi pubblici (che sono stati progressivamente tagliati fino ad arrivare, nel 2017, a zero). Ma la Commissione ha chiarito il 30 giugno scorso che non si sarebbe potuta riunire per mancanza di “mezzi strumentali e personale”. Dunque i partiti rischiano di restare a bocca asciutta. Proprio per evitare un esito del genere, il Pd ha preparato una proposta di legge che prevede di modificare la norma precedente, dando il via libera ai fondi anche senza la certificazione dell’organismo di controllo. È stato il deputato del MoVimento 5 Stelle, Riccardo Fraccaro (foto), a denunciare il caso. “La priorità del Pd: condono al bilancio dei partiti per intascarsi i rimborsi elettorali. Ladri erano e ladri restano” esordisce su Facebook. “A settembre riprenderanno i lavori parlamentari – spiega più dettagliatamente il grillino – La prima proposta di legge che verrà discussa e occuperà il tempo di centinaia di parlamentari strapagati si intitola: Pdl (proposta di legge) “Modifiche concernenti la Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti”“.
Fraccaro attacca: “Si tratta di un condono ai bilanci dei partiti che ad ora non possono ricevere la rata milionaria dei rimborsi elettorali (quelli contro i quali il popolo italiano si è espresso chiaramente con un referendum nel 1993) perché la commissione di controllo dei rendiconti non ha potuto riunirsi per mancanza di risorse. Se questa pdl dovesse essere approvata i partiti riceveranno la rata del 2014 senza il controllo dei relativi bilanci. Autocondonandosi qualsiasi irregolarità compiuta nel 2014 potranno incassare la rata senza alcun preventivo controllo. Questa è la priorità per chi ci governa, intascarsi i soldi dei cittadini. Per questo nel 2013 li chiamai ladri, ma nulla da allora è cambiato. Ladri erano e ladri restano!”. Facciamo i conti. Dal 1992 al 2012 i partiti hanno avuto più di 2 miliardi e 200 milioni di euro, a fronte di spese documentate per 579 milioni. Altro che “rimborsi” elettorali, come sono stati chiamati per aggirare il referendum che, con una maggioranza di oltre il 90 per cento, bloccò il finanziamento pubblico.
All’epoca lo Stato assegnava un contributo ai partiti che avessero conquistato almeno l’1% dei voti alle Politiche o che avessero eletto un rappresentante nel caso di consultazioni regionali ed europee. Cinque euro per ogni voto, divisi per i 5 anni della legislatura. Una somma aumentata nel tempo, visto che prima del 2002 il rimborso era di 4 mila lire. Dopo tante proteste, la legge è cambiata e i soldi pubblici sono stati ridotti in maniera notevole. Nel 2014 del 25%, nel 2015 del 50% e nel 2016 del 75%. Dall’anno seguente addio al finanziamento pubblico a favore di un sistema che prevede che ogni contribuente possa destinare il 2 per mille dell’Irpef a un partito. Ovviamente sono possibili anche donazioni. Ma su 41 milioni di dichiarazioni dei redditi, soltanto 16.518 hanno regalato soldi ai movimenti. Il Pd ha avuto meno di 200 mila euro, tutti gli altri meno di 30 mila. Ecco perché, nonostante il licenziamento di tanti dipendenti e il trasloco in sedi meno costose, i conti dei partiti restano in rosso. È lo stesso motivo per cui cercheranno in tutti i modi di non perdere la penultima tranche dei “rimborsi”.