Cronaca

Ilaria Salis incatenata in tribunale, il caso che scuote l’Ue

Nell’aula del Tribunale di Budapest, un’atmosfera tesa pervade mentre Ilaria Salis, insegnante italiana di 39 anni e militante antifascista, viene portata legata per mani e piedi, sorvegliata attentamente da due agenti di un corpo speciale della polizia penitenziaria. Indossano giubbotti antiproiettile e passamontagna per preservare l’anonimato durante l’intera udienza. Questo è il trattamento che le è riservato dall’inizio del suo processo in Ungheria, iniziato nel febbraio dello scorso anno.

“Mia figlia è stata torturata per 35 giorni, è stata lasciata con dei vestiti sporchi che le sono stati consegnati in questura, è stata otto giorni in cella di isolamento senza carta igienica, sapone e assorbenti – ha detto Roberto Salis, padre di Ilaria, nel corso della trasmissione tv, Quarta Repubblica -. E in quei giorni ha avuto anche il ciclo”. “Prima che l’ambasciata riuscisse a consegnare un pacco che era già disponibile da parecchio tempo sono passati 35 giorni – ha proseguito – in cui mia figlia doveva utilizzare uno dei capi di abbigliamento che aveva addosso per asciugarsi dopo la doccia perché non aveva a disposizione un asciugamano”. Il caso di Ilaria Salis ha suscitato l’attenzione a livello internazionale, alimentando il dibattito sui diritti umani e la libertà di espressione.

L’insegnante è stata accusata di aver aggredito due militanti di estrema destra nel corso della manifestazione dei nazisti che “celebravano il giorno dell’onore”. Un evento che risale al periodo precedente al suo arresto. La difesa dell’insegnante ha contestato queste affermazioni, sostenendo che le prove sono frammentarie e che la prospettiva dell’accusa potrebbe essere influenzata da motivazioni politiche. Il suo coinvolgimento in attività antifasciste e il suo ruolo di insegnante hanno contribuito a definire Salis come figura chiave nella lotta per i diritti umani e la democrazia. Tuttavia, il suo arresto ha sollevato dubbi sulla giustizia e sull’imparzialità del sistema legale ungherese. La Procura di Budapest ha avanzato una richiesta di undici anni di carcere nei confronti di Salis, innescando un dibattito acceso sul trattamento riservato agli attivisti e sulle accuse di persecuzione politica.

 

La Farnesina

 

Dopo le immagini scioccanti di Ilaria Salis incatenata durante l’udienza per l’aggressione a due neonazisti a Budapest, e l’ondata di indignazione che ne è scaturita, la Farnesina oggi ha convocato l’incaricato d’Affari della Repubblica di Ungheria chiedendo ufficialmente che a Salis sia accordato “al più presto un regime di custodia cautelare in linea con la normativa europea incluse misure alternative alla detenzione in carcere”. Questa mattina, intervistato da Radio1, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto: “Questa volta mi sembra si sia ecceduto. Sul rispetto della persona non possiamo transigere”. Poi Tajani in audizione alle Commissioni Esteri di Camera e Senato, ha definito i trattamenti riservati alla detenuta “inammissibili e sproporzionati rispetto alle esigenze procedurali e non in linea con la direttiva comunitaria su detenuti in attesa di giudizio”. Il ministro ribadisce, rispondendo ai cronisti, che l’Ungheria è sovrana e che Salis deve essere processata lì.

All’ora di pranzo, ha proseguito Tajani, “il nostro ambasciatore ha chiesto al ministro della Giustizia ungherese di chiedere al procuratore generale di valutare le condizioni di detenzione di Ilaria Salis e di riferirgli a stretto giro. Il ministro gli ha garantito che lo richiamerà subito dopo aver riparlato con il procuratore generale” cosa che “ha già fatto”. E ora “aspettiamo una risposta”. Poi ai giornalisti ha precisato che il caso era stato seguito dall’Italia e che l’ambasciata ha fatto il suo dovere: “Tutte le visite consolari sono state fatte, compresa quella prima di Natale. Durante le visite consolari sono stati portati tutti i beni che lei aveva richiesto. Ma nessuno ci ha mai detto che c’erano dei problemi durante le udienze. Quando lo abbiamo visto, lo abbiamo saputo, siamo intervenuti. Io l’ho visto ieri. Per prima cosa ho fatto una dichiarazione pubblica, poi la convocazione dell’ambasciatore, poi la richiesta di incontro del ministro della Giustizia da parte del nostro ambasciatore là”.

 

 

Tajani ha anche detto che l’avvocato di Ilaria Salis è in costante contatto col ministro della Giustizia Nordio. L’ambasciatore d’Italia in Ungheria, Manuel Jacoangeli, intanto si recherà oggi pomeriggio dal ministro della Giustizia del governo ungherese per affrontare il caso. L’annuncio è arrivato dagli avvocati italiani dell’insegnante che assieme al padre, Roberto Salis, hanno avuto oggi un incontro con Jacoangeli e il console onorario d’Italia a Budapest. I cronisti di Askanews riportano poi altre parole di Tajani espresse stamane: “Se vogliamo parlare in punto di diritto” del caso di Ilaria Salis, il primo ministro ungherese “Orban non c’entra niente. Il processo non lo decide il governo, la magistratura è indipendente, deve rispettare determinate regole ma non possiamo intervenire noi. Noi possiamo far si che ci sia rispetto dei diritti del detenuto”.

“Il problema”, ha insistito Tajani, “è vedere se sono state rispettate le regole, prima e dopo”. “L’Ungheria è uno Stato sovrano” e Ilaria Salis “è detenuta per un reato ipotetico commesso lì”. Tajani ha quindi ricordato che “i Paesi sono tutti uguali, c’è una direttiva comunitaria che va rispettata”. “Abbiamo chiesto che vengano rispettate tutte le norme che riguardano la tutela dell’imputato. L’avvocato non ha ancora fatto richiesta di detenzione ai domiciliari per la detenuta e se non c’è non si può chiedere il trasferimento in Italia per trattamento ai domiciliari” qui da noi.

 

Il trattamento in tribunale

 

Il modo in cui Ilaria Salis è trattata durante le udienze ha sollevato preoccupazioni riguardo al rispetto dei suoi diritti umani. Essere legata per mani e piedi, sorvegliata da agenti con giubbotti antiproiettile e passamontagna, solleva interrogativi sulla necessità di misure così estreme per una persona accusata di reati non violenti. La comunità internazionale ha chiesto una revisione approfondita del trattamento riservato a Salis e la garanzia del rispetto dei suoi diritti fondamentali durante il processo. Il caso di Ilaria Salis continua a sollevare domande importanti sulla giustizia e i diritti umani in Ungheria. L’attenzione internazionale sulla sua situazione potrebbe giocare un ruolo cruciale nel plasmare l’evoluzione del processo e nel garantire che vengano rispettati i suoi diritti fondamentali. Nel frattempo, il dibattito sul trattamento degli attivisti antifascisti e sulle accuse di persecuzione politica si intensifica, sottolineando la necessità di una riflessione critica sulla giustizia e la democrazia in questa regione.

 

Servizio carcerario ungherese: “Falsità”

 

“Le accuse mosse dai media italiani e ungheresi” sulle condizioni della detenzione di Ilaria Salis “sono false e l’organizzazione carceraria le respinge con forza”. Lo si legge in una nota del servizio statale penitenziario ungherese che bolla come “triste e immorale il fatto che queste calunnie siano riportate dalla stampa senza consultare la controparte”. La nota cita le accuse di Carmen Giorgio, ex compagna di cella di Salis, che ha raccontato di letti pieni di cimici, topi, maltrattamenti e uso di catene da parte del servizio carcerario di Budapest. Il sistema penitenziario ungherese è sotto supervisione del ministero dell’Interno.

Pubblicato da
Eleonora Fabbri