Ilva, la strada stretta che attende Di Maio. I nodi da sciogliere

Ilva, la strada stretta che attende Di Maio. I nodi da sciogliere
21 giugno 2018

E’ stretta la strada che il ministro al Lavoro e allo Sviluppo economico Luigi Di Maio deve percorrere per l’Ilva. Al termine di due giorni di consultazioni, dalle istituzioni locali ai sindacati, da Arcelor Mittal agli ambientalisti, il ministro si ritrova un quadro di posizioni molto diversificato. Una linea comune non c’e’, ne’ oggettivamente era possibile ottenerla. I sindacati chiedono la ripresa delle trattative e l’avvio del piano di rilancio e di risanamento ambientale dell’acciaieria di Taranto.

Arcelor Mittal pronta a prendere la gestione dell’Ilva dal prossimo 1 luglio

Il sindaco di Taranto chiede altrettanto, identica la posizione di Confindustria, ma il governatore della Regione Puglia non scarta del tutto l’opzione di un’Ilva chiusa, avversata invece dagli altri soggetti interpellati da Di Maio. A condizione pero’ – rileva Emiliano – che siano offerte alternative praticabili. Divisa anche la galassia ambientalista. A Legambiente, favorevole alla continuita’ dell’Ilva ma con prescrizioni e limiti piu’ severi, si contrappongono i movimenti e le associazioni locali, attestati su una linea piu’ radicale: chiusura degli impianti, bonifica del sito e riconversione dell’economia di Taranto. Infine c’e’ Arcelor Mittal, che un anno fa ha vinto la gara per l’aggiudicazione dell’Ilva. L’azienda, che ha ottenuto il via libera dell’Unione europea, a Di Maio non solo ha ricordato la mole di investimenti messa in campo per Taranto, pari a 4,2 miliardi di euro totali, ma ha ribadito anche di essere pronta a prendere la gestione dell’azienda dal prossimo 1 luglio. Tutti gli interlocutori saliti al Mise tra lunedi’ e martedì hanno apprezzato lo stile di Di Maio e la sua apertura all’ascolto delle diverse posizioni in campo. Lo hanno sottolineato anche il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e Lakshmi Mittal, leader della multinazionale acquirente.

 

Il ministro si e’ limitato a registrare le opinioni. Non ha fornito ragguagli su cosa intenda fare per l’Ilva, ma ha promesso a ciascun soggetto ascoltato che sara’ parte delle decisioni del Governo. Che certo non arriveranno oggi, ma che non possono nemmeno tardare molto perche’ piu’ giorni trascorrono, piu’ la crisi dell’Ilva si accentua, tenuto conto che l’azienda ha cassa per pochissimo altro tempo ancora, dopodiche’ anche gli stipendi al personale potrebbero essere a rischio. Ma se Di Maio ha promesso a ciascuno che sara’ parte delle decisioni e che su Ilva ci sara’ un accordo condiviso, come si possono allora conciliare le diverse posizioni? Sul ministro il pressing degli ambientalisti di Taranto e’ forte. Nell’audizione di martedì, ciascuno ha portato testimonianze e snocciolato i numeri, drammatici, che l’inquinamento causato negli anni da Ilva ha generato sulla salute dei cittadine a partire dai bambini. Di Maio sul punto ha annuito, ricordando di provenire da un’area altrettanto inquinata come la “Terra dei Fuochi”. Ma, al di la’ di questo, gli ambientalisti hanno ricordato come i Cinque Stelle abbiano fatto il pieno di voti a Taranto, alle elezioni dello scorso marzo, eleggendo cinque parlamentari grazie all’impegno di chiudere l’Ilva per fermare l’inquinamento.

I nodi da sciogliere

E questa, aggiungono, e’ una promessa che ora va onorata. Stando cosi’ le cose, si comprende come la strada per Di Maio sia non solo stretta ma anche in salita. Deve dare un segnale chiaro agli ambientalisti, che lo incalzano, ma sa pure che questo segnale non puo’ essere la chiusura della fabbrica come loro vogliono perche’, a quel punto, non ci sarebbe piu’ l’accordo condiviso che ha promesso ai sindacati, che di dismissione dell’acciaieria non vogliono sentir parlare. E Di Maio sa anche che chiudendo gli altiforni a Taranto, sia pure in un’ottica di tempi lunghi, 15.000 posti di lavoro, tra diretti e indotto, non si inventano, a parte il costo enorme della bonifica del sito, che a quel punto ricadrebbe sullo Stato non essendoci piu’ un investitore disposto a metterci capitali propri. Congedandosi dagli interlocutori, il ministro dello Sviluppo economico ha promesso ulteriori approfondimenti sui piani industriale e ambientale di Am Investco. Di Maio vuole capire, certo, e non e’ da escludere che la sua soluzione al caso Ilva sia una sintesi delle varie posizioni emerse.

Un mix di soluzioni come ipotesi possibile

In sostanza, fermo restando i piani presentati (Di Maio ha piu’ volte rammentato che l’attuale Governo ha ereditato una procedura in corso), il ministro potrebbe porre qualche ulteriore limite produttivo, quantomeno nelle modalita’ di produzione dell’acciaio, chiedere l’accelerazione degli investimenti soprattutto ambientali, innalzare il numero degli occupati (tema su cui Mittal e sindacati non hanno raggiunto l’accordo), spingere l’azienda ad aprire di piu’ sulla decarbonizzazione, per ora posta solo come sperimentazione, infine lavorare, su un piano di lungo termine, a delle alternative economiche. In modo che in prospettiva il peso di Ilva nell’economia di Taranto sia meno dominante. Un mix di soluzioni, quindi, come ipotesi possibile. Tenendo conto che si tratta di fare sintesi di posizioni diverse e che un accordo condiviso non puo’ reggersi sull’accoglimento di una sola tesi a discapito delle altre. Nell’immediato, pero’, Di Maio dovra’ decidere se prorogare o meno la gestione del commissari per altri tre mesi dopo fine giugno dando ad Ilva anche la provvista finanziaria necessaria per superare l’estate.

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