In 10 anni l’export alimentare è cresciuto dell’83,8%

1 miliardo e 200 mila persone nel mondo oggi mangiano cibo italiano, 750 milioni sono consumatori fidelizzati. In dieci anni, dal 2004 al 2014, il valore delle esportazioni è cresciuto dell’83,8%, contro il 46,1% del totale nazionale. Nel 2014 l’export agroalimentare ha raggiunto i 34,3 miliardi di euro, registrando una crescita del 2,7% rispetto a un anno prima. A scattare la foto delle esportazioni food made in Italy è l’Atlante geografico realizzato da Federalimentare. Tuttavia, non sono tutte luci. Il nostro Paese risulta infatti indietro rispetto a molti Paesi europei in termini di esportazioni alimentari. Se sul totale dell’export tedesco, il 33% è agroalimentare, in Italia si raggiunge appena il 20%. E prima di noi ci sono in Francia col suo 26%, e la Spagna col 22. Dovere di cronaca, però, va detto che l’Italia produce più valore aggiunto per esempio della Germania.

In termini di mercato di sbocco la Germania continua a primeggiare (16,1%) seguita dalla Francia con l’11,6%. Una buona notizia arriva dagli Stati Uniti dove nell’ultimo anno le esportazioni sono cresciute del 6,4% facendo di questo mercato il primo tra i Paesi extra-europei. Ma è ai Paesi emergenti che bisogna guardare per approfittare di tassi di crescita a doppia cifra come Taiwan dove nel 2014 si è registrato un +25% delle esportazioni in entrata, seguita dalla Corea del Sud (+20,2%) e Israele (+15%). A gettare sabbia negli ingranaggi c’è l’insidioso problema dell’italian sounding unito a quello della contraffazione: attraverso l’imitazione di un prodotto o il richiamo alla sua presunta italianità, questo tarlo impatta per 60 miliardi, quasi il doppio rispetto ai 34,3 miliardi di valore dell’export. solo negli ultimi 10 anni il fenomeno è cresciuto del 180%, con picchi soprattutto in Nord America dove l’impatto è pari a 27 miliardi di euro.

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