Cronaca

In esclusiva parla il giornalista russo arrestato in Bielorussia

Il sostegno popolare rivendicato da Alexander Lukashenko, presidente della Bielorussia, dopo le elezioni del 9 agosto cozza pesantemente con i disordini di questi giorni nelle strade di Minsk. Ma dopo 26 anni alla guida del piccolo Paese stretto tra Russia e Polonia, pugno di ferro e arresti pare l’unico strumento per lui di affermare il potere. E tra gli arrestati c’era anche Vladimir Romensky, giornalista di punta del canale Tv russo Dozhd, che ci racconta la paura di quei momenti.

“Avevamo chiesto l’accredito per seguire le elezioni bielorusse, ma non ce lo avevano dato e non c’è stata neppure la “finestra” per accreditarci. E anche per questo, per tutto il tempo che siamo rimasti lì, avevamo fatto grande attenzione. Certo la paura c’era e quando ti prendono 15 persone con il volto coperto, ti trascinano e ti mettono le mani dietro la schiena. Quando ti fanno spogliare e ti urlano che finirai in prigione, … Ecco come dire non era proprio confortevole”.

L’arresto di Romensky e di altri giornalisti russi a Minsk ha generato un caso. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha sottolineato la necessità di “considerazioni umane”, e benchè i reporter non erano accreditati, tuttavia l’accreditamento era stato richiesto tempestivamente nel rispetto di tutte le regole e procedure. Romensky dice che Lukashenko ha fatto di tutto affinchè queste elezioni non fossero trasparenti, non accettando neppure osservatori dalla Russia. Il reporter ha seguito da vicino la campagna di Svetlana Tikhanovskaya, un’insegnante di lingua inglese di 37 anni, nessuna esperienza o ambizione politica, ma unica sfidante per Lukashenko:

“Ai meeting della Tikhanovskaya, anche nelle città più sperdute confluivano centinaia di migliaia di persone e la accoglievano come una rock star, con applausi e ovazioni”. Come noto lei si è presentata come candidata solo dopo che suo marito, un popolare vlogger, era stato arrestato per impedirgli di partecipare alle elezioni. “Ora noi vediamo che le proteste stanno prendendo molte forme diverse. Se prima uscivano i giovani e li bastonavano, ora vediamo uscire per strada ragazze con i fiori o medici che raccontano i traumi subiti da chi protestava pacificamente. Anche gli Omon, le forze di sicurezza, sono convinto che iniziano a chiedersi se stanno dalla parte giusta”.

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it
Condividi
Pubblicato da