In Italia si emigra ancora da Nord a Sud anzi, il fenomeno delle migrazioni interne ha ripreso vigore con la crisi economica degli ultimi anni, tant’e’ che nel 2012 ha coinvolto un milione e mezzo di persone, soprattutto badanti, braccianti, professori, studenti. Per la prima volta uno studio scientifico annuale si dedica al tema delle migrazioni interne e da ‘L’arte di spostarsi. Rapporto 2014 sulle migrazioni interne in Italia’, curato da Michele Colucci e Stefano Gallo dell’Istituto di studi sulle societa’ del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Issm- Cnr), emergono tre aspetti principali: il fenomeno coinvolge un milione e mezzo di persone nel 2012; il primato di Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige come destinazioni e della Campania come regione di partenza; l’altissima mobilita’ degli stranieri; l’importanza delle politiche pubbliche nel definire gli spostamenti. “Le migrazioni interne all’Italia hanno una lunga storia ma negli anni piu’ recenti, a seguito della crisi economica, hanno ripreso vigore e intensita’ – spiega Colucci – Nel 2012 sono 1.556.000 le persone che hanno cambiato il proprio comune di residenza. Rispetto alle migrazioni della seconda meta’ del secolo scorso, le piu’ potenti ‘calamite’ non sono Piemonte e Lombardia ma Emilia-Romagna e Trentino, in proporzione alle dimensioni. La prima ha ‘guadagnato’ 10.273 persone dal resto d’Italia, pari a un aumento del 2,4 per mille abitanti, il Trentino conta +3.004 persone, pari al 2,9 per mille”.
L’attrattiva dell’Emilia-Romagna e’ confermata dal primato nelle tre province di Bologna, Rimini e Parma “che presentano un saldo migratorio positivo molto elevato (Bologna +4.131 persone, Rimini +1.271, Parma +1.268) – prosegue il ricercatore Issm-Cnr – La regione e’ scelta come meta privilegiata sia per le sue opportunita’ lavorative, sia per la qualita’ dei servizi che offre: nelle motivazioni alla base delle partenze c’e’ in testa la ricerca dell’occupazione o di un lavoro migliore, ma cresce il miglioramento della qualita’ della vita e questo secondo elemento differenzia il fenomeno attuale da quello dell’ultimo dopoguerra”. In termini assoluti invece le quattro regioni con il maggior incremento demografico dovuto alle migrazioni interne sono Lombardia (+14.773), Lazio (+10.382), Emilia-Romagna (+10.273) e Toscana (+6.591). La provincia di Roma continua a essere un polo attrattivo e registra un saldo positivo di quasi 10.000 persone. Il primato negativo va invece a Napoli e alla Campania e anche tra le aree di provenienza dei migranti interni, quindi, si registra un cambiamento rispetto ai decenni scorsi. “Il valore medio degli spostamenti nel biennio 2011-2012 ci segnala che sono circa 25.000 i cittadini campani ‘perduti’ per trasferimenti in altre regioni italiane, un dato pari al -4,3 su mille abitanti. Seguono Puglia (-10.850 persone e -2,7‰), Sicilia (-9.910 e -2,0‰) e Calabria (-8.031 e -4,1‰). Tra le province del Mezzogiorno, i saldi negativi piu’ elevati in proporzione ai residenti si registrano a Napoli (-6,1 ‰) e Vibo Valentia (-6,7‰), Reggio Calabria (-5,3‰), Caltanisetta e Foggia (-5,2‰), e Crotone (-5,1‰) – spiega Gallo – Gli spostamenti dal Sud al Centro-Nord nel 2012 sono aumentati, raggiungendo 202.000 persone”.
Ma chi sono i migranti interni? “Gli stranieri, che tendono a spostarsi in proporzione maggiore: sono stati 258.871 nel 2012 a cambiare residenza, con un tasso di mobilita’ triplo rispetto agli italiani: il 64,3 per mille contro il 21,6, ma su distanze piu’ brevi, 96 km di media contro 126 km degli italiani. Le donne straniere tra i 50 e i 64 anni in particolare presentano tassi di mobilita’ elevatissimi, legati al lavoro di cura e domestico, in continuita’ con un dato presente fin dagli anni del miracolo economico”, specificano i ricercatori. Un altro comparto in cui la manodopera migrante e’ determinante e’ l’agricoltura, coinvolgendo Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Piemonte. “Le migrazioni coinvolgono poi insegnanti e studenti fuorisede spesso coinvolti in dinamiche ad alta frizione che chiamano direttamente in causa la politica – conclude Colucci – Questo primo Rapporto si basa su un innovativo approccio multidisciplinare, senza il quale non e’ possibile penetrare in un fenomeno cosi’ ricco. I dati rilevanti, peraltro, sono spesso sovrapponibili a quelli dei rapporti curati dal Sole24Ore o da Legambiente su qualita’ della vita urbana e servizi”.