“L’industria petrolifera siciliana genera circa 150 milioni di gettito fiscale all’anno, nel 2012 ha garantito 22 milioni di royalties per lo sfruttamento dei pozzi e rappresentato tre quarti delle esportazioni regionali. Una presenza importante, quindi, in grado di occupare circa 10 mila persone, tra lavoratori diretti e indotto. Un settore che sta attraversando profonde trasformazioni che potrebbero traghettarlo verso una nuova fase produttiva”. All’argomento hanno dedicato uno studio Francesco David e Luciano Lavecchia, economisti presso la Divisione di Analisi e ricerca economica territoriale della sede palermitana della Banca d’Italia, pubblicato nell’ultimo numero di StrumentiRes, la rivista on line della Fondazione RES. L’industria petrolifera, presenza storica nel panorama produttivo regionale, viene analizzata nelle sue dimensioni principali e alla luce delle tendenze del settore a livello internazionale. “Attraverso 81 pozzi a terra e 4 piattaforme in mare, in Sicilia si estrae circa un milione di tonnellate di greggio all’anno (poco meno di un quinto della produzione italiana, il resto è quasi interamente estratto in Basilicata). A fine 2012 le aziende del comparto estrattivo – Eni Mediterranea idrocarburi, Edison e Irminio – occupavano 280 addetti diretti e un indotto stimato in 650 unità, generando poco meno di 90 milioni di entrate fiscali e 22 milioni di royalties.
Nello stesso anno, le 4 raffinerie siciliane producevano il 40 per cento dei derivati petroliferi italiani, occupando 3.350 addetti diretti (circa 5.800 nell’indotto), e rappresentavano il principale driver delle esportazioni, con 7,9 miliardi di export in media all’anno nel periodo 2010-2012 (il 72 per cento delle esportazioni regionali). Il gettito fiscale stimato ammontava a poco meno di 60 milioni”, si legge nello studio. L’industria petrolifera, in Sicilia come nel resto d’Europa, “fronteggia uno scenario caratterizzato da un generalizzato calo dei consumi, aggravatosi nel corso della crisi, una concorrenza crescente da parte di nuovi player internazionali (in particolare asiatici), la rivoluzione dei nuovi idrocarburi non convenzionali che avvantaggia i produttori nordamericani, le tensioni geopolitiche in Russia, Ucraina e Libia”. “Per le aziende siciliane la scelta è tra innovare ed espandersi o continuare una lenta agonia. Alcuni eventi recenti indicherebbero un tentativo di perseguire la prima opzione. Il protocollo di intesa stipulato tra la Regione Siciliana, Assomineraria e le tre aziende attive nell’estrazione, e quello sottoscritto tra la Regione Siciliana, il Comune di Gela, Eni e le organizzazioni sindacali e datoriali, prevedono investimenti da parte delle aziende a fronte di impegni da parte della Regione a ridurre gli oneri amministrativi e a mantenere un contesto normativo stabile. L’obiettivo comune è di rilanciare il settore, salvaguardando il territorio e mantenendo il livello occupazionale”.