Incassata la fiducia al governo Gentiloni al Senato scatta nella maggioranza la partita per il rimpiazzo dei posti vacanti in seguito alla nomina nel nuovo esecutivo di Valeria Fedeli e Anna Finocchiaro, rispettivamente ministro dell’Istruzione e dei Rapporti con il Parlamento. Le caselle lasciate libere sono di tutto rilievo, visto che si tratta della vicepresidenza del Senato e della presidenza della commissione Affari costituzionali, dove si discuterà della nuova legge elettorale. Ma queste due poltrone inevitabilmente finiranno nelle sistemazioni a catena dei posti nelle varie commissioni, alla luce dei pesi e contrappesi necessari per garantire l’equilibrio all’interno della maggioranza e nelle sue immediate vicinanze. Si tratta di una partita – a cui non è estranea la prossima nomina dei sottosegretari- il cui svolgimento è imprevedibile, ma che con tutta probabilità, a quanto appare al momento, slitterà a dopo le vacanze natalizie. I tempi prima dello stop infatti sono ristrettissimi. Prima vanno sistemate le caselle dei viceministri e sottosegretari (quelle iniziali del governo Renzi ammontavano a 44, poi ritoccate in crescita). Domani il premier sarà impegnato al Consiglio europeo e tornerà in Italia venerdì.
E’ probabile che la compagine dell’esecutivo troverà forma definitivamente nel week end, al più entro lunedì. Se così fosse resterebbe una finestra di solo un giorno, quello di mercoledì, per sistemare la partita a Palazzo Madama. Un po’ poco per far quadrare tutti i conti. Molto più probabile che si rimandi il tutto a dopo le vacanze. Del resto la partita con i verdiniani di Ala è in pieno svolgimento, come i sommovimenti in questa giornata a Palazzo Madama hanno certificato. Il gruppo Ala di Palazzo Madama è in fermento, attraversato da nervosismi, scontenti e diffidenze feroci. L’accelerazione con l’inaspettata presa di posizione del senatore D’Anna di ieri, di sdegnato rifiuto delle “briciole” nelle posizioni di governo, ha scatenato le ire di molti, in particolare di quei senatori che temono di dover pagare un prezzo politico troppo alto per le scelte del gruppo, senza alcuna contropartita. E’ anche alla luce di questa situazione che il gruppo del Senato si è riunito per due ore in mattinata nella sede del partito, subito dopo aver dimostrato il proprio rilievo nella conta del numero legale ad apertura di seduta, per valutare quale condotta sarebbe stata la più opportuna (votare la sfiducia o non votare, facendo scendere il quorum necessario alla maggioranza) in occasione del voto di fiducia. Non a caso nella dichiarazione di voto per il gruppo, il senatore Riccardo Mazzoni ha ritenuto necessario esplicitare a chiare lettere: “Chi pensa che esista qualche autorevole convitato di pietra al di fuori del Parlamento, sbaglia. Non c’è, non esiste”.
L’illazione a cui si fa tacitamente riferimento è quella secondo cui esisterebbe un accordo segreto tra Verdini e Renzi per mantenere in condizioni di incertezza l’esecutivo Gentiloni, cui far venir meno se del caso la maggioranza al momento opportuno, in cambio della sistemazione di alcuni. Se questo quadro resta nell’ambito delle illazioni, di certo la posizione della maggioranza nelle commissioni, con la componente Ala passata da appoggio praticamente interno a opposizione, diventa complicata. Specie in alcune commissioni chiave. E’ il caso delle commissioni Bilancio e Difesa. Ma anche in commissione Affari costituzionali l’aria diventa difficile. La partita comprende la sistemazione della vicepresidenza del Senato. Via Valera Fedeli (che è pure vicaria, dovrebbe essere sostituita dalla Lanzillotta in questo ruolo), resta libera una poltrona di peso, ma che politicamente è difficile che possa essere offerta a un verdiniano, almeno sulla carta. Il vicepresidente va eletto scrivendo il nome su un foglietto da infilare nell’urna in aula del Senato: per il nuovo governo e per la maggioranza sarebbe un peso politicamente forse insostenibile farsi padrini di una tale scelta. Meglio giocare di sponda.
Ecco che per la vicepresidenza potrebbe farsi largo un candidato Pd, come l’uscente, ma anche uno Ncd, che non ha rappresentanza nel vertice di Palazzo Madama né tra i vicepresidenti né tra i questori, dopo che De Poli (Udc) è uscito da Ap. Per la presidenza della commissione Affari costituzionali la minoranza Pd considererebbe un’inaccettabile provocazione una candidatura verdiniana, mentre offrire la poltrona a una figura di spessore come Vannino Chiti, della minoranza Pd ma sostenitore del Sì al referendum, potrebbe rappresentare un passo verso una politica dialogante in tema di legge elettorale di rilievo all’interno della compagine dem. Chiti del resto lascerebbe libera la poltrona di presidente della commissione Politiche Ue del Senato, prestigiosa ma non d’assalto, che potrebbe essere una buona offerta ai verdiniani. Sarà quell’offerta di ritornare in partita “dalla porta secondaria, dopo aver ricevuto chiusa in faccia quella principale”, come ha efficacemente tratteggiato Mazzoni in aula, per anticipare un “no, grazie”? Questioni tattiche a parte, i senatori verdiniani si riuniranno nuovamente a breve.