Cronaca

Incompatibilità fra giudici e politica, l’eccezione italiana. Lo scenario in Europa

Nel suo rapporto del “Quarto ciclo di valutazione” sulla “Prevenzione della corruzione dei parlamentari, dei giudici e dei procuratori in Italia”, pubblicato ieri, il Gruppo di Stati contro la Corruzione del Consiglio d’Europa (Greco) di Strasburgo ha raccomandato, fra l’altro, di rendere più rigorose le attuali normative nazionali riguardanti l’incompatibilità fra l’attività politica o amministrativa e le professioni giudiziarie. La particolarità del sistema italiano su cui punta il dito (al paragrafo 153) il rapporto è la possibilità per i giudici di essere eletti (per esempio sindaco o consigliere comunale) o nominati (per esempio assessore) a delle cariche nelle amministrazioni locali, senza smettere di esercitare le loro funzioni giudiziarie, alla sola condizione di non farlo nel territorio della loro giurisdizione. E anche questo divieto, in realtà, non è assoluto, perché cade se il magistrato o giudice va in congedo speciale per partecipare alle elezioni almeno sei mesi prima dell’accettazione della sua candidatura. Insomma, per assurdo, un giudice di Roma può essere eletto sindaco di Napoli e continuare a fare il giudice nella capitale, oppure essere eletto nella stessa Roma se ha preso in tempo un congedo elettorale.

L’INCOMPATIBILITA’ Nella decima delle 12 raccomandazioni del rapporto si legge che l’Italia dovrebbe “prevedere per legge l’incompatibilità tra l’esercizio simultaneo della funzione di magistrato e quella di membro di un’amministrazione locale”, e dovrebbe “trattare la questione dell’impegno dei magistrati nella vita politica sotto tutti gli aspetti sul piano giuridico, in ragione del suo impatto sui principi di indipendenza e di imparzialità (reali o percepiti) del sistema giudiziario”. Secondo fonti del Greco consultate da Askanews, questa lacuna nelle norme sull’incompatibilità è peculiare dell’Italia, e non esiste in altri paesi come la Germania, la Spagna e il Regno Unito. In Germania e Spagna vige anche per le amministrazioni locali il principio generale della proibizione per i magistrati di esercitare attività politiche, a meno che non vadano in congedo speciale o sabbatico, abbandonando temporaneamente le proprie funzioni giudiziarie, così come in Italia è previsto solo per l’attività politica nel Parlamento, al governo o in altre istituzioni a livello nazionale.

IN EUROPA Nel Regno Unito è l’incompatibilità dei membri della House of Commons con qualunque ruolo giudiziario è totale, così come con molte altre funzioni (prete, funzionario pubblico, militare, poliziotto, amministratore locale, etc.). In Francia, dove fa molto discutere la possibilità per i ministri di restare sindaci della propria città, c’è un sistema diverso, con un ruolo attivo di controllo affidato al potere esecutivo: il magistrato che voglia esercitare attività extragiudiziarie deve chiedere l’autorizzazione al ministro della Giustizia, che si può opporre. Solo in Olanda, secondo le fonti, ci sono lacune nella normativa sull’incompatibilità più gravi di quelle del sistema italiano. E le raccomandazioni del Greco nel rapporto specifico su questo paese chiedono di porvi rimedio al più presto, anche se non risulta ci siano mai stati casi di giudici che abbiano approfittato di queste lacune per entrare in politica mantenendo le proprie funzioni giudiziarie.

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