Indagati e intercettati parlano a ruota libera. Grandi opere, dalle carte spunta anche D’Alema

Nelle conversazioni registrate dai Ros le parole del dominus Ercole Incalza dopo il caso Mose. Ecco alcuni stralci degli atti

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Spuntano come funghi e spesso finiscono nel tritacarne mediatico. Come in ogni grande indagine i nomi eccellenti vengono messi nero su bianco. Gli indagati, intercettati, parlano a ruota libera, anche con persone che con le inchieste non c’entrano nulla. Ma alla fine, comunque, il loro nome viene inserito in atti giudiziari. Uguale, vengono considerati comunque come presunte persone che in un modo o nell’altro hanno avuto un ruolo o un rapporto con chi invece avrebbe effettivamente commesso un reato. L’inchiesta di Firenze, dunque, non si distingue dalle altre.

“AVVISIAMO D’ALEMA” Anche in questo caso infatti non mancano nomi “vip” pronunciati da chi da due anni è nel mirino dei carabinieri del Ros coordinati dai pm toscani. Tra questi, c’è il nome di Massimo D’Alema che come molti altri non è in alcun modo coinvolto nell’inchiesta. A citarlo nelle carte è Ercole Incalza, principale indagato. Era l’8 giugno del 2014 quando l’ex dirigente del ministero delle Infrastrutture e Trasporti, dopo aver letto alcuni articoli di giornale riguardo le vicende relative al Mose di Venezia, viene intercettato: “Chiamiamo… avvisiamo D’Alema…” afferma l’uomo. Bastano tre parole per far finire nel mare magnum di un’inchiesta giudiziaria anche l’ex Presidente del Consiglio. La telefonata però è chiara e il nome del politico viene citato da un indagato che vorrebbe intervenire su articoli poco graditi. Servizi giornalistici che portano Incalza a confidarsi con Sandro Pacella e, dopo avergli parlato dell’articolo, gli dice “mi devo vedere con Lupi assolutamente… questa cosa è molto seria”. Anche il Ministro è spesso citato negli atti pur non essendo indagato.

 “SONO L’AMICO DI MAURIZIO” Accade ad esempio nella vicenda relativa al porto di Olbia, uno dei grandi appalti “sospetti”. Franco Perotti, arrestato, nell’ottobre scorso scopre di avere una forte concorrenza per quanto riguarda il progetto. È un grande affare e quindi l’uomo “si attiva immediatamente nel segnalare a Franco Cavallo (altro arrestato, ndr ) che ha stretti legami con il vertice del ministero delle Infrastrutture, l’esistenza del problema”. “Il 21 ottobre 2013 Franco Cavallo chiede un appuntamento ad Emmanuele Forlani della segreteria del Ministro Lupi”. Dieci giorni dopo “Stefano Perotti aggiorna Giorgio Mor sugli sviluppi dell’affidamento dell’incarico di progettazione per i lavori del porto di Olbia riferendogli che il 12 novembre successivo andrà a parlare con il capo, cioè con il commissario Fedele Sanciu”. Lo stesso giorno Cavallo “telefona a Fedele Sanciu, e, presentandosi come “l’amico di Maurizio”, gli accenna soltanto che andrà a trovarlo in Sardegna quanto prima”. Qualche ora dopo Franco Cavallo ritelefona a Fedele Sanciu il quale subito fa presente: “Mi ha telefonato il ministro”. Cavallo risponde: “… Sì sì… so tutto ero con lui… ma noi ci siamo visti… ci siamo già conosciuti sulla sua barca… ero con Maurizio qualche volta… senta… io vorrei venire da lei.. a trovarla…”.

 LUCA LUPI “Particolarmente significativa al fine di comprendere il giro di interessi e l’influenza che Stefano Perotti ha sul “mondo politico” – si legge negli atti – è la vicenda relativa al conferimento dell’incarico a Luca Lupi, figlio del ministro Maurizio Lupi”. Nel gennaio Perotti “nell’informare il cognato di essere riuscito a convincere i dirigenti dell’Eni ad avviare un’attività di progettazione a loro affidata – continuano gli atti – gli prospetta la necessità di far lavorare in quest’appalto un giovane pagato da loro stessi (“… e metterei un direttore … un giovane che ho bisogno di far entrare… ovviamente è rimborsato da noi…”). Il riferimento ad alcune indicazioni contenute nel curriculum e il suggerimento a Giorgio Mor (“… è figlio di un mio amico che hai conosciuto anche tu…”) lasciano ritenere che si tratti di Luca Lupi(…). Il 10 febbraio 2014 Luca Lupi si vede con Stefano Perotti presso il cantiere della City Life e, dopo meno di un’ora, il secondo telefona al suo ufficio ravennate e chiede alla dipendente quale sia la procedura più conveniente ai fini contributivi per l’assunzione di un “ragazzo… che deve prendere 2.000 euro più iva”. Dalle carte dell’inchiesta emerge che anche il ministro Maurizio Lupi si sarebbe dato da fare per trovare un lavoro al figlio. Circostanza però che lui ha negato.

 IL MINISTERO DEGLI INTERNI Cavallo sarebbe un uomo chiave: “Anche Claudio De Eccher – si legge negli atti – ricorre a Franco Cavallo per raggiungere le autorità istituzionali”. Gli inquirenti scrivono inoltre: “Va segnalato che l’imprenditore Claudio De Eccher è stato sottoposto a misura di prevenzione dal Prefetto di Udine”. Nel luglio 2014 Claudio De Eccher rivolge a Franco Cavallo una precisa richiesta: “A questo punto te lo chiedo in modo… in modo molto… come dire?… deciso… bisogna che tu ne parli e che ne parliate anche con il ministero degli Interni…”. Egualmente esplicito è Claudio De Eccher in una mail indirizzata a Cavallo: “Ti chiedo a questo punto il grande favore di informare di quanto sopra il nostro comune amico con preghiera di urgente intervento sul ministero degli Interni”. Effettivamente Franco Cavallo, dopo appena pochi minuti, inoltra la mail al ministro Lupi chiedendogli un incontro. “Il 18 luglio 2014 Franco Cavallo, dopo essersi incontrato con il ministro Lupi, ha telefonato a Claudio De Eccher dicendogli: “Io ho parlato con lui… aveva già parlato sia con l’avvocato sia con Angelino”“. (Il Tempo)