La questione catalana entra in una fase nuova e piena di incertezze e insidie. Dopo il voto, dopo gli appelli televisivi – per l’unità, del re di Spagna, per l’indipendenza, del leader catalano – ora viene il difficile momento della politica, anche se una mediazione, al momento, sembra impensabile. Il governo catalano vorrebbe anche una mediazione del Vaticano nel braccio di ferro con Madrid sulla sfida indipendentista della regione autonoma. Lo scrive il quotidiano spagnolo La Razon, citando fonti vicine al presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, che confermano le indiscrezioni filtrate nelle ultime ore. Carles Puigdemont, sarebbe consapevole del fatto che “il mediatore non puo’ uscire dall’Unione Europea – parte interessata nel confronto della Generalitat con il governo – e dunque ha segnalato tra le sue preferenze il Vaticano la cui competenza diplomatica e’ straordinaria e accreditata”, scrive il quotidiano, che cita fonti ben informate. Il premier spagnolo, Mariano Rajoy, intanto, martedi’ ha incontrato alla Moncloa i cardinali ed arcivescovi di Barcellona e Madrid, entrambi molto vicini al Papa.
Ieri fonti vicine alla ‘generalitat’ catalana davano per scontato che lunedì prossimo sarà il momento della dichiarazione di indipendenza della regione e, tuttavia, nel suo appello televisivo della sera Carles Puigdemont, non ha chiuso le porte al dialogo, evocando la necessità di una mediazione. Si tratta di capire ora come procederà il governo centrale e se il premier Rajoy romperà il silenzio. Se Barcellona si dichiarerò indipendente, molti ormai temono, o auspicano, che Madrid potrebbe rispondere nel modo più estremo, ovvero con la sospensione dell’autonomia catalana, una mossa che potrebbe avere conseguenze inimmaginabili. Nel suo discorso televisivo Puigdemont ha attaccato il re di Spagna Felipe IV accusandolo di parzialità per il suo discorso sul referendum catalano e ha detto che il governo di Barcellona sarà “aperto al dialogo”, ma sarà anche “risoluto”. Il re, ha detto Puigdemont, “non ha mai considerato la posizione della Catalogna e ha deciso semplicemente di sostenere il governo spagnolo per annichilire il desiderio di sovranità del popolo catalano”. Poi ha continuato: “Voglio mandare un messaggio al re nella lingua che lui capisce: ieri lei ha deluso tante persone in Catalogna, che spesso sono state al suo fianco. Come presidente della Generalitat penso che dovremmo impegnarci per tutti i cittadini”.
Poi Puigdemont ha assicurato che il governo catalano sarà “sempre aperto al dialogo, rispetterà tutte le posizioni”. Sarà “sempre impegnato a favore della pace, ma sarà anche risoluto”. Ora, ha aggiunto, è il momento della mediazione. “Sapete che sono aperto – ha detto Puigdemont – a qualsiasi tipo di processo di mediazione. La pace il dialogo, gli accordi sono parte della cultura politica del nostro paese. Ma non abbiamo avuto responso positivo da parte del governo spagnolo”. Il capo della Generalitat ha inoltre accusato il governo di Madrid di essere stato “irresponsabile” per “non aver ascoltato il governo della Catalogna”. Il momento decisivo a questo punto potrebbe registrarsi nei prossimi giorni. Ieri parlando all’agenzia di stampa France Pressec una fonte del governo regionale catalano ha ribadito che la Catalogna potrebbe dichiarare la sua indipendenza lunedì. Di fatto i leader separatisti catalani hanno convocato una sessione parlamentare per lunedì con all’ordine del giorno i risultati del voto e “secondo come la sessione andrà – ha detto la fonte – potrebbe essere dichiarata l’indipendenza”. La questione è anche legata al completamento dello scrutinio del contestato referendum di domenica scorsa.
Il portavoce del governo catalano Jordi Turull ha riferito ieri che le autorità regionali hanno “quasi finito di contare i voti”. I risultati verranno sottoposti al parlamento regionale che avrà due giorni “per proclamare l’indipendenza della Catalogna”, ha detto in un’intervista televisiva. Questo passaggio potrebbe ulteriormente inarprire la polemica tra Barcellona e Madrid e accrescere le tensioni. Il governo centrale ha il potere di spospendere lo status semi-autonomo della Catalogna . Il primo ministro Mariano Rajoy, in realtà, deve ancora rispondere pubblicamente al voto di domeica, ma l’intervento del re potrebbe aprire la strada ai prossimi passaggi del premier. “E’ responsabilità dei legittimi poteri dello stato assicurare l’ordine costituzionale”, ha detto il re Felipe. La situazione, dunque è tesa e seguita con apprensione fori dai confini spagnoli. La Commissione europea è intervenuta ieri con Timmermans durante una seduta d’emergenza dell’Europarlamento. “E’ tempo di parlare, cercare una via d’uscita all’impasse, lavorando entro l’ordine costituzionale della Spagna”, ha detto Timmermans. La Catalogna ha 7,5 milioni di abitanti, che preservano le loro tradizioni linguistiche e culturali. Il Pil catalano equivale al 20 per cento di quello di tutta la Spagna. Puigdemont ha rivendicato che 2,26 milioni di persone hanno preso parte al voto, pari al solo il 42 per cento degli elettori. Nel voto non ci sono state regolari liste elettorali o osservatori.