Ne risentono per primi i risultati ottenuti dai ragazzi: quasi il 20% dei quindicenni non raggiunge la soglia minima di competenze in lettura e il 25% in matematica, con un tasso di dispersione scolastica al 15%, che, sebbene lievemente migliorato negli ultimi anni, è ancora molto lontano dalla soglia massima del 10% fissata dall’Ue per il 2020 e al 5% per il 2030, con profonde differenze tra Nord e Sud e Isole (il Veneto si ferma all’8%, mentre Sardegna e Sicilia si contendono il primo posto con il 24% di ragazzi che lasciano prematuramente la scuola). L’analisi di Save the Children conferma la stretta correlazione tra povertà materiale ed educativa: è proprio nelle regioni ai primi posti della classifica che si registrano i tassi di povertà più elevati. In Italia sono 1.045.000 i bambini che vivono in povertà assoluta e si concentrano in particolare in regioni come Calabria (quasi uno su quattro) o Sicilia (poco meno di uno su cinque). Sono invece poco meno di due milioni quelli che vivono in povertà relativa (il 19%), ma ancora una volta è il Sud a vivere la situazione peggiore. Dal rapporto emerge inoltre una connessione molto forte tra povertà educativa e i cosiddetti Neet, ovvero quei ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non lavorano nè frequentano percorsi di istruzione e formazione. Come in un circolo vizioso, bambini e adolescenti che nascono in zone dove maggiore è l’incidenza della povertà e che offrono poche opportunità di apprendimento, una volta diventati giovani adulti rischiano di rimanere degli esclusi.