Iniziò a collaborare con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Oggi rischia il rinvio a giudizio per peculato. Una parabola lunga trentadue anni, quella di Antonio Ingroia: da pubblico ministero a scrittore, da politico mancato a avvocato. E ora arrivano le nozze. L’ex pm s’è sposato con Giselle Oberti, origini argentine, imprenditrice. “Nella mia seconda vita metto a frutto gli errori della prima”, ama ripetere. E noi ce lo auguriamo. Cinquantanove anni, palermitano, nel 1987 vince il concorso in magistratura.
Allievo prediletto di Falcone, Borsellino e Giancarlo Caselli, Ingroia costruisce la sua carriera nella magistratura antimafia. E’ lui che ha portato avanti il processo per concorso esterno mafioso a carico di Bruno Contrada e poi quello contro Marcello Dell’Utri. Punta di diamante della Procura generale di Giancarlo Caselli, è stato sempre lui a istruire e avviare il processo sulla trattativa Stato-mafia. S’è scontrato finanche con Pietro Grasso, perché su Giulio Andreotti e la trattativa Stato-mafia sarebbe stato “troppo cauto”.
Inutile negarlo, su di lui ha sempre amato i riflettori accesi. Diviene personaggio televisivo per le sue sparate, in qualità di magistrato, a volte sopra le righe. Ma anche per i processi con i pezzi da novanta alle sbarre, per la pubblicazione dei suoi libri e per i disastri in politica. Tra i suoi tomi, ricordiamo “L’associazione di tipo mafioso”, mentre con Gian Carlo Caselli pubblica “L’eredità scomoda. Da Falcone ad Andreotti. Sette anni a Palermo”.
Gli ultimi suoi flop si registrano in politica. Alle scorse elezioni di marzo ha ottenuto 685 voti. Voleva diventare parlamentare della Repubblica Italiana. Addirittura partorisce un ennesimo partito, “Lista del popolo per la Costituzione”, ma con l’insignificante 0,02 per cento, gli elettori lo bocciano per la seconda volta. Cinque anni fa, infatti, con Rifondazione, PdCI e l’Italia dei Valori, scende in campo con un’altra sua creatura, “Rivoluzione Civile”: 2,2 per cento alla Camera e l’1,8 per cento al Senato. Di nuovo porte sbarrate in parlamento per Ingroia. E così, dopo tanti anni di sconfitte, getta la spugna. E con un post pubblicato lo scorso 8 ottobre su Facebook, l’ex pm annuncia conclusa l’esperienza politica.
Nel 2012 comincia la sua seconda vita, se così possiamo dire, dove primeggiano anche gli incarichi. Accetta la presidenza di una Commissione internazionale Onu in Guatemala sul traffico di droga, appendendo la toga al chiodo e lasciando il cerino acceso al suo collega Nino Di Matteo. Dice sì all’allora governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, di amministrare Sicilia e Servizi, società che gestisce i servizi informatici della Regione e dalla quale Ingroia si liquida un maxistipendio con un bonus per aver raggiunto il suo obiettivo, mettendo in tasca 117 mila euro.
La società sarebbe poi finita sommersa nei debiti. Oltre a quel bonus, gli contestano 34mila euro di rimborsi spese per i viaggi da Roma (sua attuale residenza) verso la Sicilia, con soggiorni negli alberghi più costosi, Excelsior e Centrale Palace hotel a 4 stelle, e il famoso Villa Igiea a cinque stelle. La Procura di Palermo lo scorso settembre ha chiuso l’indagine per peculato a carico dell’ex pm. L’avviso di conclusione dell’inchiesta, che precede la richiesta di rinvio a giudizio, è stato notificato ai legali di Ingroia. L’inchiesta, come detto, poggia su due aspetti: quello dei rimborsi indebiti e quello dell’indennità di risultato incassata, a dire della Procura, illegittimamente dall’ex pm.