Intelligenza artificiale e robotica: un matrimonio necessario, ma dai risvolti complessi, uno dei quali è fare in modo che il robot possa interagire con l’ambiente anche con i soli dati – relativamente pochi – che un ambiente non strutturato, non definito in precedenza, può fornire. E’ una delle frontiere che l’Istituto italiano di tecnologia sta esplorando da anni. “Negli ultimi anni in IIT – spiega Lorenzo Natale, coordinatore linea Humanoid Sensing and Perception di IIT – abbiamo studiato degli algoritmi che cercano di imparare utilizzando una quantità ridotta di dati, e di farlo in maniera efficiente sia con poco tempo di calcolo, sia dal punto di vista della quantità di macchine, di microprocessori, necessari”.
Natale ha parlato delle ricerche di IIT nel corso dell’incontro Innovation Talks evento annuale che Axpo Italia, la consociata del gruppo svizzero attivo nel mercato dell’energia, organizza mettendo a confronto professionisti del settore energetico, ricercatori, ed esperti di tecnologia. “Il problema degli algoritmi dell’intelligenza artificiale di oggi è che richiedono centinaia di migliaia di esempi per imparare – prosegue il ricercatore – Questo viene spesso fatto utilizzando dei database disponibili sulla rete. Ma un robot non può utilizzare questa informazione perché non è la stessa informazione che sperimenta quando interagisce con l’ambiente. Queste informazioni sono molto poche. Il robot può vedere una fotografia di un oggetto, può ruotare l’oggetto e guardarlo, questa è una informazione molto ridotta. Pensiamo che un algoritmo di apprendimento che impara a riconoscere le tazze usa migliaia di immagini di tazza. Un robot non acquisisce la stessa quantità di informazione in maniera autonoma, perché c’è un costo collegato a questa acquisizione quindi è importante che il robot sia in grado di riconoscere questi oggetti con solo qualche esempio o con qualche fotografia soltanto”.
Robot che si muovono come umani e che progressivamente imparano a “pensare” come umani. La tecnologia insegue da sempre il sogno o per certi aspetti l’ossessione di replicare la natura. Non si tratta di superbia o di una seduzione fantasiosa e letteraria, ma – spiega Natale – di un’opportunità scientifica. “Il corpo umano è estremamente versatile – dice – per cui un robot che deve muoversi in un ambiente accidentato se ha delle gambe è facilitato. La locomozione su gambe o su zampe è un meccanismo che consente al robot di muoversi facilmente anche in un ambiente con ostacoli. Mentre le ruote funzionano bene in un ambiente regolare ma non in un percorso accidentato. Le mani sono strumenti versatili che permettono alle persone di interagire e afferrare. Pensiamo poi agli attrezzi e utensili sono stati concepiti per essere afferrati da un mano umana, per cui un robot che deve utilizzare gli stessi strumenti deve avere delle mani in qualche modo simili a quelle umane”.
Un modello valido anche per quanto riguarda anche l’Intelligenza artificiale. “Spesso anche nello studio dell’intelligenza artificiale ci si ispira molto al funzionamento del cervello – conferma Natale – Non è sempre stato vero che le soluzioni ispirate dal cervello fossero le migliori, ma nell’ultimo periodo negli ultimi anni viene fuori, per esempio, che le reti neurali artificiali che si ispirano alle reti biologiche sono al momento la soluzione migliore per affrontare alcuni dei problemi su cui la intelligenza artificiale sta funzionando molto bene”. Ma l’imitazione della natura, sottolineano gli stessi ricercatori, non è comunque l’unico modo per fare innovazione. Alla ricerca si chiede di guardare sempre più avanti per risolvere in modo creativo problemi che l’uomo non è ancora riuscito a superare. “IIT ha delle soluzioni in questa direzione”, conclude il ricercatore.