La prima operazione militare che il prossimo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, potrebbe essere quella di “un attacco per distruggere reattori nucleari e basi di missili balistici” dell’Iran. E’ quanto scrive il sito d’intelligence israeliano Debka proprio mentre a Teheran emerge sempre più chiaramente un forte contrasto tra falchi e colombe sulla posizione che dovrebbe assumere Teheran nei confronti del prossimo inquilino della Casa Bianca. Trump infatti, durante la campagna elettorale ha dichiarato, in più occasioni, che la sua priorità numero uno era “smantellare il disastroso accordo” nucleare con la Repubblica Islamica iraniana arrivando addirittura a promettere di usare la forza, se necessario, per evitare che Teheran arrivasse a produrre una bomba atomica. Stracciare l’accordo nucleare o peggio ancora sferrare un attacco contro l’Iran, rischia però di infiammare ulteriormente una regione già martoriata come il Medio Oriente, in particolare in Siria dove però Trump dovrà fare i conti con la Russia di Vladimir Putin alleato del regime siriano di Bashar al Assad ma anche, soprattutto negli ultimi anni, ‘amico’ degli ayatollah di Teheran.
ATTACCO USA ALL’IRAN Secondo il sito israeliano Debka che cita fonti anonime, “tra i responsabili iraniani esiste il timore che il presidente eletto sferri attacchi ai siti nucleari iraniani per rilanciare l’immagine dell’America in Medio Oriente”. In particolare queste fonti non escludono che Trump ordini il bombardamento del reattore di acqua pesante di Arak (vicino a Teheran) e le basi militari per distruggere i missili balistici iraniani.
MODERATI IRANIANI CAUTI Cauta e attendista la posizione del fronte dei moderati iraniani che invitano ad aspettare le prime mosse del miliardario Usa. “Nessun pregiudizio nei confronti di Donald Trump” e bisogna “smettere di fare dichiarazioni affrettate”. Così ieri il presidente del Parlamento iraniano, Ali Larjani, che in contrasto con il fronte dei falchi ha chiesto che i commenti e punti di vista sul presidente americano appena eletto “mostrino più maturità”. A riflettere meglio i timori dei moderati su un conflitto con gli Usa è un’altra colomba: “L’Iran è pronto a cooperare con il nuovo presidente Donald Trump perché non crede nell’opzione della guerra con chiunque”, come ha dichiarato Mohammed Reza Aref, parlamentare e leader di Omid, una coalizione moderata. Aref rivolgendosi al presidente Hassan Rohani ha chiesto “particolare attenzione verso gli interessi nazionali” dell’Iran.
FALCHI IRANIANI ALL’ATTACCO DI TRUMP Contro le dichiarazioni prudenti e distensive dei moderati, si oppone il fronte dei falchi che da sempre si erano opposti all’intesa siglata da Teheran sul dossier nucleare. “Per noi è decisamente meglio che il presidente eletto Donald Trump stracci l’accordo nucleare, anche noi siamo dell’idea di stracciare e bruciare questo accordo”, ha scritto oggi sul suo giornale, Hussein Shariyatmadari, direttore del quotidiano ultraconservatore Kihan e principale consigliere stampa della guida suprema della Rivoluzione ayatollah Ali Khamenei. Gli ultraconservatori non hanno mai nascosto la loro avversione all’accordo nucleare siglato dall’Iran nel luglio dell’anno scorso con il Gruppo dei Cinque-Più-Uno (Usa, Gran Bretagna, Francia, Russia, Cina più Germania). Per i falchi infatti l’intesa nucleare avrebbe posto forti limiti ai programmi bellici dell’Iran e posto le premesse per l’ingerenza dell’occidente nel loro Paese.
RIFLESSI SU GUERRA SIRIANA Un’eventuale politica aggressiva della nuova amministrazione Usa nei confronti dell’Iran non può che avere riflessi immediati sul conflitto siriano visto che Teheran è direttamente impegnato a sostenere finanziariamente e militarmente il regime del presidente Bashar al Assad. Eppure per Trump, lottare contro l’Isis e non cacciare il presidente Assad, sono anche queste priorità: “Se state combattendo contro la Siria, e la Siria sta combattendo contro l’Isis, dovete sbarazzarvi dell’Isis”, ha dichiarato appena tre giorni fa Trump al Wal Street Journal prima di aggiungere che se gli Usa attaccano Assad, “finiremo col combattere contro la Russia, contro la Siria”. Non è chiaro quindi come possa Trump attaccare Teheran in Iran e nello stesso tempo sostenere le sue milizie che combattono a fianco delle truppe di Assad in Siria.
INCOGNITA RUSSA Quali potrebbe essere la reazione del Cremlino a un possibile attacco Usa contro un Paese ‘amico’ come l’Iran? Proprio oggi, l’agenzia russa Sputnik ha riferito di “trattative in corso tra Iran e Russia per una commessa di armi del valore di 10 miliardi di dollari”. Lo stesso sito, citando fonti del ministero della Difesa russa, non esclude la “possibilità che l’aviazione russa ritorni a Mahabad”, base aerea iraniana usata dagli aerei di Mosca due mesi fa per attacchi in Siria. Inoltre l’esercito russo è pesantemente coinvolto nella guerra siriana da oltre un anno.
Rimettere in discussione l’accordo nucleare con Teheran, o peggio ancora, compiere raid contro gli impianti e le basi militari iraniane – ipotesi fortemente desiderata dalle monarchie del Golfo guidate dall’Arabia Saudita – garantirebbe ulteriori anni di instabilità e tensioni in una regione come quella mediorientale.