Un caccia Rafale da combattimento atterra sulla portaerei francese Charles de Gaulle, nel Golfo Persico. È appena rientrato da un volo d’ambientamento con lo scenario nel quale si troveranno ad operare i piloti impegnati nelle operazioni di contrasto al sedicente califfato islamico.Il suo pilota si chiama “Charpy”, un nome in codice ovviamente, è già stato in Afghanistan e in Libia e, come i suoi colleghi, è galvanizzato dall’idea di dare il proprio contributo per frenare l’avanzata dell’Isis e descrive così il suo primo contatto con i cieli dell’Iraq. “Siamo addestrati, conosciamo bene tutte le procedure – spiega – però ora dobbiamo familiarizzare con il teatro operativo e imparare a identificare con precisione anche i più piccoli dettagli in cui potremmo imbatterci”. “Ci sono cose molto peculiari in questo teatro – continua Charpy – ci sono pochissimi soldati a terra quindi gli aerei hanno un ruolo fondamentale per identificare dall’alto gli scenari e le modalità di spostamento degli jihadisti”. È una Guerra del Golfo 3.0, insomma, quella che si va delineando in Iraq e in chi è chiamato a combatterla tornano i fantasmi degli aerei abbattuti e dei piloti fatti prigionieri nei primi due conflitti. E fa paura anche la scena del pilota giordano arso vivo dall’Isis in Siria. “Molti piloti si chiedono cosa potrebbe succedere se dovessero eiettarsi in territorio nemico ed essere fatti prigionieri – conclude il pilota francese – certo è un problema, ma questo teatro non è più pericoloso di altri. Ci sono tanti fattori di rischio che aumentano con l’aumentare del numero di aerei e di piloti impiegati”. La portaerei francese Charles De Gaulle, al momento, incrocia nel mare 200 km a nord dalle coste del Bahrein. A bordo 9 caccia Rafale e 12 Super Eténdard e un equipaggio di circa 1.900 persone. (Immagini Afp)