di Sarina Biraghi*
Meglio una bomba sporca o far esplodere una centrale nucleare, magari anche una di quelle in disuso, far irraggiare il materiale fissile e spargere in un raggio di svariati chilometri le radiazioni e creare deserto e panico? Secondo i Servizi segreti, soprattutto americani, i terroristi dell’Isis avrebbero nei loro piani proprio quello di far esplodere le centrali nucleari. Prova ne è il pedinamento e l’uccisione della guardia giurata che sorvegliava i rifiuti nucleari di Fleurus, in Belgio, freddato con quattro proiettili alla testa. Del resto sembrerebbe che anche un fisico dipendente del centro studi sull’energia nucleare di Mol, sempre in Belgio, sarebbe stato spiato per giorni dai fratelli El Bakraoui, i kamikaze dell’aeroporto Zeventem di Bruxelles. Ed è proprio il pericolo di un attacco “atomico” che 50 capi di Stato del mondo, tra cui il nostro premier Matteo Renbzi, si ritroveranno venerdì a Washington per il Nuclear Security Summit per decidere una strategia comune. Fitta l’agenda del premier: oggi, martedi, infatti Renzi arriverà in Nevada dove inaugurerà il sito italiano di Green Power Enel di Stillwater, il primo ibrido (geotermia-fotovoltaico-termodinamico) al mondo. Poi il 30 sarà a Chicago, in Illinois, dove oltre alla scuola italiana, visiterà il FermiLab, il National Accelerator Laboratory dove è stato scoperto il bosone, il cui acronimo si rifà a Enrico Fermi.
Nel pomeriggio aprirà poi la Italy and Us discussion on the 21th Century manifacturing Revolutivon all’Università di Chicago, prima di andare in Massachusetts. A Boston il 31 mattina andrà al Centro Watson Healt dell’Ibm prima di concludere la tappa con un intervento all’Università di Harvard. Poi la tappa “più sensibile” a Washington per l’appuntamento sulla sicurezza nucleare del pianeta, creato da Obama e giunto alla quarta edizione, in cui quest’anno il presidente americano ha voluto – proprio alla luce della minaccia Isis – inserire una sessione ad hoc, tutta dedicata alla lotta al Califfato: un vertice nel vertice per fare il punto sull’emergenza terrorismo che sarà forse anche l’occasione per parlare di Siria, Iraq e Libia. A Washington – il 31 marzo e 1° aprile – ci saranno quasi 50 leader mondiali e anche se sono assenti player strategici, come Russia e Cina, probabilmente rimbalzerà sul tavolo anche la paura, rinfocolata dalla vicenda belga, di minacce nucleari targate Isis. Secondo le ipotesi, ai terroristi piuttosto che rubare dall’interno delle centrali nucleari in attività materiale fissile per creare bombe sporche, sarebbe più facile e conveniente attaccare i siti con droni facilmente manovrabili provocxando piccole esplosioni fino ad arrivare ai depositi di materiale radioattivi che esploderebbero rovinosamente provocando non soltanto distruzione ma lo spargimento di radiazioni in un raggio di svariati chilometri e quindi contaminazione e desertificazione. Uno scenario apocalittico ma non completamente fantasioso… Uno scenario in cui sarebbe compresa anche l’Italia che oltre ad avere centrali nucleari “confinanti”, ha sul proprio territorio le famose cinque centrali nucleari dismesse che hanno però al loro interno ancora fusti di materiale radioattivo. E il Califfato lo sa… (*Condirettore de Il Tempo)