di Adib Fateh Ali
Il Califfato islamico che vuole conquistare Roma, occupa già un’area grande quanto quasi l’intera l’Italia ad eccezione delle isole. Uno ‘Stato’ con un territorio di circa 270mila chilometri quadrati e una popolazione di quasi 11 milioni di abitanti. Uno stato guidato da un ‘Califfo’ carismatico alla guida di un ‘governo’ con tanto di ministeri: da quello della Guerra all’Istruzione, Informazione, Giustizia fino a un dicastero dell’economia e una sua legge finanziaria. Ecco, punto per punto, le caratteristiche del primo Stato islamico, secondo le informazioni raccolte da Askanews.
TERRITORIO E POPOLAZIONE
Lo Stato islamico di Iraq e Levante si estende da est di Aleppo in Siria fino a Fallujah, a 60 chilometri a est della capitale irachena Baghdad. Un territorio con una continuità geografica, anche se dai confini variabili, con circa 270 mila chilometri quadrati: 100mila in Siria e 170mila in Iraq. Insomma, quasi la metà dell’intera superficie della Siria e oltre il 40% di quella irachena. Da notare che lo Stato Islamico è 12 volte più esteso dello Stato d’Israele. Lo Stato Islamico non crede agli accordi di ‘Sykes-Picot’, con cui nel 1916 Regno Unito e Francia si divisero le sfere di influenza in Medio Oriente dopo la sconfitta dell’Impero Ottomano, con l’Iraq ad amministrazione britannica e Siria sotto dominio francese. Nell’agosto 2014, con la massima espansione territoriale del Califfato, gli uomini di Abu Omar al Baghdadi, hanno infatti abbattuto fisicamente le barriere di confine e ora il passaggio tra Siria e Iraq è libero e avviene senza passaporti o visti. Negli ultimi mesi l’Isis ha perso il controllo su alcuni territori come la provincia di Diyala e alcune località della provincia di al Anbar. Tuttavia l’Isis controlla ancora totalmente o in parte sette province: Al Anbar, Salhuddine, Ninive in Iraq, per un totale di abitanti stimata in 8 milioni di persone; Hama, Aleppo, Hassakè, Raqqa e Dier al Zour in Siria, con una popolazione di circa 3 milioni di abitanti, per un totale di 11 milioni di persone, tre di più degli abitanti di Israele.
INFORMAZIONE
Internet è uno dei campi di battaglia fondamentali del Califfato che alle pratiche medioevali delle teste mozzate, affianca un sapiente uso della comunicazione con tanto di rivista ufficiale, radio e persino il progetto di una televisione. I social media sono il principale veicolo d’informazione dello Stato: basta guardare i profili Facebook, Instagram e Twitter dei combattenti della jihad per comprenderne l’efficacia. Ma i social più usati per il reclutamento alla guerra Santa sono Kick e Ask.fm, applicazioni che consentono di scambiarsi messaggi in forma anonima. Per le comunicazioni vocali invece vengono preferiti Skype e Viber. Strumento di questa strategia è anche un’app in lingua araba per Twitter, denominata ‘Dawn’ utilizzabile sul web o sui dispositivi mobili che impiegano il sistema operativo Android. L’app posta i tweet di Isis sull’account degli utenti e rilancia proclami e video propagandistici. L’app ha cominciato a diffondersi in aprile, ma è stato solo con la recente offensiva dell’Isil contro Mosul che si è avuto un autentico boom, raggiungendo picchi di 40mila Tweet in un giorno. ‘Grazie ad Allah esistono Facebook e Twitter’, avevano postato alcuni islamisti per celebrare la loro liberazione dai mezzi d’informazioni ufficiali come la stessa tv satellitare al Jazeera, che comunque non ha mai lesinato informazioni, interviste e reportage sulla galassia jihadista. In rete circola anche un rivista in Pdf molto curata nell’aspetto e nella grafica, destinata probabilmente alla stampa per raggiungere anche chi non è connesso. ‘Dabiq’ (dal nome di una cittadina della Siria dove secondo il Corano dovrebbe svolgersi la battaglia finale dell’Islam), è la rivista ufficiale, il primo numero della quale è uscito in rete con il titolo ‘The return of Khilafah’ (Il ritorno del Califfato). La tv dello Stato islamico è stata annunciata a gennaio: dovrebbe trasmettere 24 ore su 24, e si affiancherà alla radio ‘Al Bayan’ già avviata da qualche tempo. Inoltre a Raqqa, capitale dell’Isis in Siria, sono stati aperti dei veri e propri info point dove ci si può rivolgere per avere informazioni sul Califfato.
SICUREZZA INTERNA
Organo di polizia, servizio d’intelligence, permessi di soggiorno per i ‘Migranti’ (Combattenti stranieri), targhe dello Stato islamico gestiti da governanti in ciascuno delle 27 città controllate dallo ‘Stato’. La polizia si chiama ‘al Husbh’ e ha pattuglie anche femminili: vestiti in nero girano in auto con la scritta ‘Polizia islamica dello Stato Islamico’ . Hanno il compito di ‘far rispettare la Sharia, mantenere l’ordine e arrestare i colpevoli e i corrotti’ compresi i dissidenti. Attivo anche il servizio di intelligence che lo scorso dicembre ha smantellato a Raqqa un ‘cellula eversiva’ di ‘falchi’ della stessa organizzazione che progettava un golpe perchè riteneva il Califfo al Baghdadi ‘un blasfemo che governa un popolo di blasfemi. L’annuncio è stato fatto dall’Isis, in un video: la cellula ‘golpista’ era composta da ‘quattro elementi che parlavano turco e volevano rovesciare al Baghdadi perché ‘incassa tasse da un popolo blasfemo e quindi e’ un blasfemo lui stesso’ e quindi non seguirebbe i dettami dell’Islam puro. Istruzione Gli studenti del Califfato sono sottoposti a una rigida segregazione sessuale e i programmi di scuole e università sono riscritti in base alla Sharia. In una circolare distribuita all’inizio dell’anno scolastico sono state messe al bando discipline come: arte, musica, filosofia, sociologia e psicologia. Fuori legge, non solo insegnamenti sulle altre religioni, ma anche ogni riferimento di carattere patriottico o nazionalista. Agli studenti è imposto di dimenticare Siria e Iraq e di riconosce il solo Stato islamico. Lo scorso 6 gennaio il Califfato ha annunciato l’inaugurazione a Raqqa, di una facoltà di medicina per la durata di soli tre anni. Ciò fa sospettare che gli uomini del Califfato abbiano bisogno di dottori e infermieri. Secondo l’emittente al Arabiya a questa scuola di medicina possono essere ammessi anche coloro che non hanno perseguito la maturità purchè sostengano un esame di ammissione; in secondo luogo, e questa è un’autentica novità per lo Stato islamico, alla facoltà potranno essere iscritti sia maschi che femmine. Giustizia In tutte le città controllate dall’Isis, esiste un tribunali della Sharia. La ‘Giustizia’ del Califfato è differenziata secondo ‘i reati’: lapidazione per adultere e prostitute; omosessuali gettati giù da una torre; crocefissione o fucilazione per i ladri; fustigazioni per i fumatori di sigarette o di tabacco con il narghilè. Tutte le pene sono comminate nelle piazze pubbliche. Le esecuzioni avvengono spesso alla presenza del giudice che legge la sua sentenza attraverso un altoparlante.
ECONOMIA
I jihadisti, sembrano poter contare su risorse notevoli: ingenti somme ricavati dalle vendite del petrolio dei giacimenti di greggio sotto il loro controllo; la razzia e la vendita di antichità, la valuta delle filiali della banca centrale irachena nelle città capoluogo espugnate come a Mosul e Tikrit e le tasse imposte alle popolazioni sottomesse. L’Isis ha anche la sua legge finanziaria. Stando alle cifre fornite Abu Saad Al Ansari, un religioso di Mosul al quotidiano del Qatar Al Arabi, l’organizzazione prevede per il 2015 entrate per oltre due miliardi di dollari, con un avanzo netto di circa 250 milioni di dollari, destinato a sostenere lo sforzo bellico. La prima banca del Califfato ha aperto i battenti a Mosul col nome di ‘Islamic Bank’. Oltre a permettere l’apertura di conti e a sostituire le banconote danneggiate, la banca dovrebbe garantire, a breve, anche l’emissione di prestiti senza interessi, severamente vietati dalla legge islamica. Per quel che riguarda le tasse, ‘Isis ha organizzato un regolare sistema di raccolta di tributi da commercianti, agricoltori artigiani e imprese. Infine, il Califfato ha annunciato l’adozione di una nuova valuta: il ‘Dinar’ che ‘prenderà le distanze dal tirannico sistema monetario sinora imposto sui musulmani’, causa principale della loro ‘schiavitù ed impoverimento’.
SERVIZI PUBBLICI
Come ogni Stato, anche il Califfato ha una sua amministrazione che si preoccupa di garantire i servizi pubblici alla popolazione. In particolare, in una grande città come Mosul, agli impiegati pubblici rimasti nel capoluogo, l’Isis ha garantito il 60% degli stipendi che percepivano dallo Stato iracheno. Comune, ospedali e servizi come acqua potabile ed elettricità non hanno mai cessato di funzionare. Il paradosso, è che ‘la fornitura di elettricità e di acqua sono garantiti dalle forze curde che controllano la grande diga di Mosul’, come assicura ad Askanews l’ambasciatore iracheno a Roma Sywan Barzani, il quale spiega che ‘non si può lasciare morire 2 milioni di persone che vivono in città’. Altro paradosso di questa guerra è che i tagliagola dell’Isis non toccano i ripetitori degli operatori telefonici sparsi nei territori da loro occupati: del resto per i jihadisti internet e comunicazioni sono fondamentali.
DIFESA
Non più una banda di scalcinati guerriglieri, ma un esercito vero e proprio, ben armato e organizzato. Elicotteri e missili a lunga gittata (uno Scud è stato esibito in parata a Raqqa), molto materiale di fabbricazione sovietica (come i carri armati T55 non proprio all’avanguardia), da aggiungere però ad armi Usa come i mezzi di ricognizioni ‘Humwee’, ed i moderni carri M1 Abrahms sottratti all’esercito iracheno a Mosul e subito ricomparsi in battaglia ad Aleppo. Lo ‘Stato’ ha diversi campi d’addestramento per le nuove reclute: il principale, si trova nei pressi di Kirkuk ed è dedicato allo Sceicco Abu ‘Umar al-Baghdadi, defunto leader di al Qaida irachena. Quanti sono i jihadisti dell’Isis? E’ una domanda alla quale è praticamente impossibile rispondere. Charles Lister, esperto di jihadismo ha scritto sulla Cnn che l’esercito dell’Isis in Iraq è formato da circa 8mila uomini: un numero obbiettivamente insufficiente solo a mantenere il controllo delle tante città irachene espugnate. I jihadisti, infatti, per compiere le loro imprese si sono alleati con le tribù sunnite locali e con gruppi baathisti (cioè sostenitori del partito Baath di Saddam Hussein) dell’Iraq. Rilevante il ruolo e il numero dei combattenti stranieri che si sono uniti alla Jihad. Secondo un rapporto dell’Onu, sono 15.000 i ‘foreign fighters’ partiti alla volta dell’Isis. Provengono da 80 Paesi diversi, di cui l’Onu non fornisce una lista dettagliata, limitandosi a nominare solo i Paesi che mai prima erano stati patria di futuri jihadisti come Maldive, Cile, Norvegia.
ESPANSIONE ALL’ESTERO
Nell’aprile 2013 all’annuncio della sua proclamazione, il Califfato si presentò con il nome di Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS). Il fatto di includere la regione del Levante, cioè l’area del Mediterraneo orientale: Siria, Giordania, Palestina, Libano, Israele e Cipro, indicava i propositi di espansione ma non spiegava del tutto gli obiettivi finali. Gli accadimenti successivi hanno spiegato meglio gli obbiettivi estremamente ambiziosi dell’Isis: al di là della propaganda ossessiva sulla conquista di Roma, tra i territori su cui l’Isis ambisce a imporre il suo controllo ci sono sicuramente Libia, Libano e Yemen. In un recente rapporto dell’ong Human Rights Watch (HRW), la città libica di Derna è da tempo sotto il dominio del fondamentalismo jihadista di stampo qaedista, ma ultimamente gli equilibri di potere sono cambiati. Gli affiliati ad Al Qaida, della brigata Abu Salem, sono stati sconfitti da 800 miliziani legati all’Isis guidati dallo sceicco yemenita Abu al Baraa el Azdi. Il Consiglio della Shura dell’Isis ha fatto sapere, di avere basi in tutte le città libiche, tra cui la capitale Tripoli. La scorsa settimana Tripoli è stata teatro del battesimo di fuoco dell’Isis: un commando della filiale libica ha fatto irruzione nell’albergo più lussuoso della capitale uccidendo 11 persone. In Libano, secondo il quotidiano panarabo al Quds al Arabi, sarebbe ‘imminente’ la proclamazione di un ‘emirato’ dello Stato islamico che avrebbe già ‘designato’ come emiro della filiale del Paese dei Cedri, lo sceicco Ahmed al Assir, un salafita libanese di Sidone, ritenuto ‘l’incubo’ delle milizie sciite Hezbollah. Stato islamico avrebbe ‘cominciato a pianificare operazioni militari in Libano’, Paese ritenuto ‘naturale estensione geografica’ del Califfato. Per l’altro quotidiano panarabo ‘al Sharq al Awsat’, l’Isis controllerebbe già il 4% del territorio libanese.