Lo Stato ebraico ha reso noto ieri sera l’adozione del piano “Witkoff”, una proposta che prevede il rilascio di metà degli ostaggi ancora detenuti, vivi e deceduti, già nel primo giorno di un cessate il fuoco esteso. I rimanenti prigionieri verrebbero liberati solo al termine di un eventuale accordo per una tregua permanente. Fonti delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) confermano che i gruppi terroristici nella Striscia di Gaza detengono attualmente 59 ostaggi, tra cui i corpi senza vita di almeno 35 persone.
Il piano, presentato come un tentativo di ridurre le tensioni e favorire una soluzione negoziata, è stato però accolto con durissime critiche da parte di Hamas. Il movimento islamista palestinese ha bollato come “crimine di guerra” e “violazione degli accordi” la decisione israeliana di bloccare l’ingresso di aiuti umanitari e forniture nella Striscia di Gaza. In un comunicato infuocato, Hamas ha accusato il premier israeliano Benjamin Netanyahu di aver messo in atto un “meschino ricatto”, definendo la mossa “una palese violazione degli impegni presi”. Il gruppo ha inoltre esortato i mediatori internazionali e la comunità globale a fare pressione su Israele per far invertire la rotta: “L’occupazione israeliana deve rispondere delle conseguenze delle sue decisioni sulla popolazione di Gaza e sul destino dei prigionieri.”
Non solo: Hamas ha ribadito che Israele “ha la piena responsabilità” del destino degli ostaggi detenuti nella Striscia di Gaza. Hazem Qassem, portavoce del gruppo, ha dichiarato senza mezzi termini: “L’occupazione israeliana deve rispondere delle conseguenze delle sue decisioni sulla popolazione di Gaza e sul destino dei prigionieri”, riferendosi sia agli ostaggi in mano a Hamas che a quelli detenuti da altre fazioni armate.
La situazione resta esplosiva, con entrambe le parti che si scambiano accuse reciproche di violazioni e crimini. Da un lato, Israele insiste sulla necessità di garantire la sicurezza dei suoi cittadini e la liberazione degli ostaggi; dall’altro, Hamas denuncia il crescente deterioramento delle condizioni di vita a Gaza, aggravato dal blocco degli aiuti umanitari.
In questo scenario, la comunità internazionale è chiamata a svolgere un ruolo cruciale per mediare tra le parti, evitare un’ulteriore escalation e trovare una soluzione che concilii la sicurezza di Israele con il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione civile a Gaza. Intanto, il piano “Witkoff” resta sul tavolo, ma il suo destino appare ancora incerto.